La pubblicazione dell’ultimo volume di Cesvot, “Il Pifferaio Giramondo. Educare i più piccoli alla solidarietà internazionale” (Briciole, n. 29, pp. 151), è stata occasione per riflettere sui percorsi educativi rivolti ai più piccoli, sul loro significato, sugli ambiti attraverso i quali si ‘agisce’ l’educazione alla solidarietà, sulle metodologie e sulle esperienze in corso.
Tradizionalmente l’educazione dei bambini all’accoglienza e all’intercultura è stato il fiore all’occhiello del volontariato internazionale e della cooperazione allo sviluppo. Solo negli ultimi anni si è assistito anche ad un aumento di associazioni orientate ad occuparsi di promozione dei diritti e di accoglienza della diversità, di genere e culturale.
Ed è su questi due aspetti che abbiamo voluto declinare questo numero dedicato all’educazione dei bambini. Lo abbiamo fatto incontrando l’Orchestra multietnica di Arezzo e raccontando il progetto dell’associazione Ireos dedicato alle discriminazioni di genere e svolto nelle scuole elementari e medie inferiori fiorentine.
Per aiutare i bambini a crescere difendendosi da omofobia e bullismo non si può prescindere, come dice Mirco Zanaboni nella bella intervista “Sentirsi diversi tra i banchi di scuola”, dal ragionare sugli stereotipi di genere: quell’insieme di idee e credenze su come dovrebbero comportarsi gli uomini e le donne.
Ancora oggi dunque il concetto di genere rimane un ‘grimaldello’ formidabile per smascherare gli stereotipi quotidiani e lavorare al loro superamento.
Eppure l’origine sociale e culturale del concetto di genere è un’acquisizione relativamente recente e, come spesso capita, di questo importante passaggio educativo dobbiamo ringraziare i movimenti femministi degli anni ‘70.
Interpretare il ‘genere’ come una costruzione sociale ha significato poter relativizzare, fra l’altro, i modelli maschili e femminili ed aprire loro le prospettive del cambiamento.
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