Mi chiamo Frediana, ho venti anni e sono di ritorno da una serata in discoteca. L’alcol lo vedo in mano a tutti, vedo spendere troppi soldi, persone che ridono, ballano e altre che vomitano e cascano, tutto nel solito posto. Cosa accomuna queste persone? L’alcol presente nei bicchieri di tutti. Quelli che non ce l’hanno, non ballano e non si divertono anzi stanno seduti al tavolo, con un favoloso analcolico pieno di frutta fresca mentre si tirano gli accidenti perché è toccata a loro. Stasera guidano e vogliono risparmiare centinaia di euro di multa e anni di attesa per recuperare la patente tolta. Noi ragazzi siamo furbi e svegli, le regole riusciamo ad aggirarle e i commercianti non si tirano indietro se c’è da guadagnare.
Mi chiedo perché io non ho niente in mano, forse perché ripenso, con gli occhi da quattordicenne, a quando con la bottiglia fra le mani ci tornava il mio papà. Le poche volte che lo vedevo di sicuro non era per starci accanto, ma per litigare con mamma. Mai ha alzato le mani con noi, ma mai ci ha veramente ascoltato. Io allora non riconoscevo il problema ma mamma sì, tanto da arrivare a separarsi e mandarlo via di casa.
Fino a quando si è ritrovato sdraiato sulla strada con il fisico sfinito, il morale a pezzi e nessuno accanto, se non mamma accompagnandolo al Sert (il servizio delle dipendenze dell’Asl) dove è stato indirizzato al più vicino Club Aicat (Associazione Club Alcologici Territoriali). I requisiti erano giusti: alcolista ma con la volontà di diventare astinente.
Oggi sono passati sei anni da quando ha bevuto l’ultimo Negroni. E io cosa c’entro? Ho conosciuto il Club per festeggiare il suo primo anno di sobrietà, spinta da mio fratello, rassicurata da lui che papà non era più cattivo. Da quel giorno continuo a frequentare il Club, ma non solo conto i giorni della mia sobrietà, mi sono attivata partendo dal locale fino al regionale, diventando responsabile del gruppo comunicazione e giovani e, per completare il tutto, lo scorso anno sono stata referente dei giovani al congresso nazionale Aicat. Non sono mancati articoli sui giornali e interviste in tv anche su Rai2.
Tutto per papà, per continuare a dargli lo stimolo che gli serve, ma soprattutto nella speranza che la mia voce arrivi nella testa dei ragazzi perché si rendano conto che non è il numero di volte che conta, anche se è “solo una volta a settimana”, ma il come. Perché basta una serata per finire al pronto soccorso in coma etilico con intorno i familiari ancora in pigiama.
La video-intervista a Frediana realizzata da Tv2000 nel dicembre 2012
Mi chiedo perché io non ho niente in mano, forse perché ripenso, con gli occhi da quattordicenne, a quando con la bottiglia fra le mani ci tornava il mio papà. Le poche volte che lo vedevo di sicuro non era per starci accanto, ma per litigare con mamma. Mai ha alzato le mani con noi, ma mai ci ha veramente ascoltato. Io allora non riconoscevo il problema ma mamma sì, tanto da arrivare a separarsi e mandarlo via di casa.
Fino a quando si è ritrovato sdraiato sulla strada con il fisico sfinito, il morale a pezzi e nessuno accanto, se non mamma accompagnandolo al Sert (il servizio delle dipendenze dell’Asl) dove è stato indirizzato al più vicino Club Aicat (Associazione Club Alcologici Territoriali). I requisiti erano giusti: alcolista ma con la volontà di diventare astinente.
Oggi sono passati sei anni da quando ha bevuto l’ultimo Negroni. E io cosa c’entro? Ho conosciuto il Club per festeggiare il suo primo anno di sobrietà, spinta da mio fratello, rassicurata da lui che papà non era più cattivo. Da quel giorno continuo a frequentare il Club, ma non solo conto i giorni della mia sobrietà, mi sono attivata partendo dal locale fino al regionale, diventando responsabile del gruppo comunicazione e giovani e, per completare il tutto, lo scorso anno sono stata referente dei giovani al congresso nazionale Aicat. Non sono mancati articoli sui giornali e interviste in tv anche su Rai2.
Tutto per papà, per continuare a dargli lo stimolo che gli serve, ma soprattutto nella speranza che la mia voce arrivi nella testa dei ragazzi perché si rendano conto che non è il numero di volte che conta, anche se è “solo una volta a settimana”, ma il come. Perché basta una serata per finire al pronto soccorso in coma etilico con intorno i familiari ancora in pigiama.
La video-intervista a Frediana realizzata da Tv2000 nel dicembre 2012