Produzionidalbasso (Pdb) è la prima piattaforma italiana di crowdfunding nata nel 2005. Come vi è venuta questa idea?
Pdb è stata un’idea semi-accidentale. Nel 2004 volevo aprire un’etichetta discografica per stampare vinili di musica in Creative Commons, ma non avevo soldi e cosí immaginai un metodo di pre-raccolta fondi online per finanziare la stampa dei vinili, un sistema che, forse, poteva essere utile anche per altre forme di autoproduzione. Ho cominciato a scrivere e ad elaborare idee finché nel 2004 é nato Produzionidalbasso: una piattaforma aperta e orizzontale per raccogliere fondi per progetti autoprodotti. A gennaio 2005, insieme ad alcuni amici, abbiamo lanciato la piattaforma in versione beta.
Tutti possono iscriversi alla vostra piattaforma e chiedere un finanziamento. Quanti sono ad oggi gli iscritti e quali le attività più ‘gettonate’?
La nostra impostazione sin dall'inizio è stata quella di mettere i numeri della piattaforma in chiaro, non tanto per il mito della trasparenza ad ogni costo, ma perché ci siamo detti: “se qualcuno decide di affidare il suo progetto ad una piattaforma come questa è giusto che sappia cosa succede (o non succede) in termini di statistiche e di interesse generale.” Dal quadro generale delle attività di Pdb quello che emerge è una piccola esplosione di numeri ed iscritti - oggi sono oltre 20mila - e che sono i progetti culturali e le autoproduzioni ad essere i veri protagonisti di questa piattaforma.
Pensate che la crisi che stiamo vivendo abbia influenzato, nel bene o nel male, l’andamento del crowdfunding in Italia?
Certamente la situazione attuale spinge molti a trovare delle alternative per sviluppare progetti ma ci tengo a precisare che Pdb è nata in tempi non sospetti e fuori dalla moda dei social di massa. La spinta iniziale è stata una esigenza/urgenza dettata dalla realtà e dalle esperienze che ci circondavano tutti i giorni. Quindi stiamo molto attenti a non creare nuove false illusioni.
Rispetto alle altre piattaforme di crowdfunding, avete fatto la scelta di non guadagnare in alcun modo dalle transazioni. Cosa vi ha spinto a fare questa scelta?
Nei primi 5 anni degli anni Zero in Italia c'è stato un grande movimento informatico che ha fatto cose avanguardistiche: hacking, social media, condivisione, social network, open source, viral, videogame, free software... su questo terreno sono nati dei progetti sperimentali tra cui Pdb. Ma dalla metà del 2005 Myspace, poi Youtube, Facebook e Twitter hanno completamente modificato l'ecosistema della rete facendo estinguere o modificando radicalmente questi nostri dinosauri sperimentali. Pdb è rimasta sotto la cenere, poi la community ha cominciato a scoprirla e ad utilizzarla... Quindi, per tornare alla domanda, è ovvio che le premesse fossero altre che un banale modello di business. Il fatto di non fare intermediazione sulla transazione è per certi versi un limite, ma per altri versi apre la possibilità all'utilizzo di sistemi di pagamento “alternativi”.
Alcune associazioni usano la vostra piattaforma anche come forma di prestito sociale. Potete spiegarci meglio come funziona?
Pdb dà la possibilità di proporre un progetto senza filtri e senza schemi precostituiti. Questa forma libertaria di gestione ha generato schegge sperimentali di crowdfunding. Chi fa prevendita, chi crowdfunding classico, chi prestito sociale, chi distribuzione… Siamo in contatto con professori universitari, sociologi ed economisti che stanno facendo ricerche e studi sul fenomeno. Credo che leggeremo cose interessanti da qui ai prossimi mesi...
Dalle statistiche del vostro sito si registra un numero consistente di iscritti in Campania, al terzo posto dopo Lazio e Lombardia. Il crowdfunding lascia dunque pensare che possa rappresentare un’importante opportunità di sviluppo “equo e sostenibile”…
In effetti siamo abbastanza conosciuti a Napoli e ci sono ben 2 case editrici ed una webtv partenopee che utilizzano Pdb in modo continuato e con notevoli risultati. E' stato proprio il sud che ha dato la spinta iniziale, questo è molto indicativo e smonta un sacco di pregiudizi e luoghi comuni circa la capacità del sud di essere innovativo e sensibile ai cambiamenti...
Pdb è stata un’idea semi-accidentale. Nel 2004 volevo aprire un’etichetta discografica per stampare vinili di musica in Creative Commons, ma non avevo soldi e cosí immaginai un metodo di pre-raccolta fondi online per finanziare la stampa dei vinili, un sistema che, forse, poteva essere utile anche per altre forme di autoproduzione. Ho cominciato a scrivere e ad elaborare idee finché nel 2004 é nato Produzionidalbasso: una piattaforma aperta e orizzontale per raccogliere fondi per progetti autoprodotti. A gennaio 2005, insieme ad alcuni amici, abbiamo lanciato la piattaforma in versione beta.
Tutti possono iscriversi alla vostra piattaforma e chiedere un finanziamento. Quanti sono ad oggi gli iscritti e quali le attività più ‘gettonate’?
La nostra impostazione sin dall'inizio è stata quella di mettere i numeri della piattaforma in chiaro, non tanto per il mito della trasparenza ad ogni costo, ma perché ci siamo detti: “se qualcuno decide di affidare il suo progetto ad una piattaforma come questa è giusto che sappia cosa succede (o non succede) in termini di statistiche e di interesse generale.” Dal quadro generale delle attività di Pdb quello che emerge è una piccola esplosione di numeri ed iscritti - oggi sono oltre 20mila - e che sono i progetti culturali e le autoproduzioni ad essere i veri protagonisti di questa piattaforma.
Pensate che la crisi che stiamo vivendo abbia influenzato, nel bene o nel male, l’andamento del crowdfunding in Italia?
Certamente la situazione attuale spinge molti a trovare delle alternative per sviluppare progetti ma ci tengo a precisare che Pdb è nata in tempi non sospetti e fuori dalla moda dei social di massa. La spinta iniziale è stata una esigenza/urgenza dettata dalla realtà e dalle esperienze che ci circondavano tutti i giorni. Quindi stiamo molto attenti a non creare nuove false illusioni.
Rispetto alle altre piattaforme di crowdfunding, avete fatto la scelta di non guadagnare in alcun modo dalle transazioni. Cosa vi ha spinto a fare questa scelta?
Nei primi 5 anni degli anni Zero in Italia c'è stato un grande movimento informatico che ha fatto cose avanguardistiche: hacking, social media, condivisione, social network, open source, viral, videogame, free software... su questo terreno sono nati dei progetti sperimentali tra cui Pdb. Ma dalla metà del 2005 Myspace, poi Youtube, Facebook e Twitter hanno completamente modificato l'ecosistema della rete facendo estinguere o modificando radicalmente questi nostri dinosauri sperimentali. Pdb è rimasta sotto la cenere, poi la community ha cominciato a scoprirla e ad utilizzarla... Quindi, per tornare alla domanda, è ovvio che le premesse fossero altre che un banale modello di business. Il fatto di non fare intermediazione sulla transazione è per certi versi un limite, ma per altri versi apre la possibilità all'utilizzo di sistemi di pagamento “alternativi”.
Alcune associazioni usano la vostra piattaforma anche come forma di prestito sociale. Potete spiegarci meglio come funziona?
Pdb dà la possibilità di proporre un progetto senza filtri e senza schemi precostituiti. Questa forma libertaria di gestione ha generato schegge sperimentali di crowdfunding. Chi fa prevendita, chi crowdfunding classico, chi prestito sociale, chi distribuzione… Siamo in contatto con professori universitari, sociologi ed economisti che stanno facendo ricerche e studi sul fenomeno. Credo che leggeremo cose interessanti da qui ai prossimi mesi...
Dalle statistiche del vostro sito si registra un numero consistente di iscritti in Campania, al terzo posto dopo Lazio e Lombardia. Il crowdfunding lascia dunque pensare che possa rappresentare un’importante opportunità di sviluppo “equo e sostenibile”…
In effetti siamo abbastanza conosciuti a Napoli e ci sono ben 2 case editrici ed una webtv partenopee che utilizzano Pdb in modo continuato e con notevoli risultati. E' stato proprio il sud che ha dato la spinta iniziale, questo è molto indicativo e smonta un sacco di pregiudizi e luoghi comuni circa la capacità del sud di essere innovativo e sensibile ai cambiamenti...