Fatima, Ndella, Ionica, Rajia, Marina ed ancora Tetsiana, Valentina, Mumina ed altre. Sono i nomi di un esercito di badanti [1] che quotidianamente lavora nelle case degli italiani accanto a bambini, anziani e malati per accudirli e prendersi cura di loro. In questo ambito di prossimità, così vicino alla sfera intima e privata, nel chiuso delle mura domestiche, si sviluppano dinamiche di amicizia e solidarietà non meno che fenomeni di razzismo, discriminazione, abusi sul lavoro e molestie sessuali.
L'associazione interculturale di donne Nosotras si è occupata, con il progetto “NerArgento” (finanziato dall'Unar-Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale - Ministero per le Pari Opportunità - Palazzo Chigi), di svolgere a Firenze una serie di azioni positive volte all'analisi del fenomeno e a promuovere una campagna di comunicazione contro le discriminazioni razziali, tramite la diffusione di uno spot “Il lavoro di cura non è un film”, e la redazione di un manuale di buone pratiche rivolto alla famiglie italiane. In particolare è stato approfondito un aspetto del fenomeno: molte famiglie rifiutano di assumere donne dal colore della pelle nera e donne islamiche che indossano il velo.
Dall'osservatorio privilegiato degli Sportelli donna dell'associazione Nosotras è emerso un vero e proprio archivio delle telefonate ricevute dalle nostra operatrici, che accolgono le offerte di lavoro domestico e mettono in contatto le famiglie con le donne che cercano lavoro.”Buongiorno, ho bisogno di una badante, però la vorrei bianca... sa mio padre non ci vede più tanto bene e quindi, sa....”. Ed ancora “Buongiorno, cerco una badante, ma la voglio bianca, cattolica e vergine... sa, io ho ottanta anni e non ho mai avuto un uomo in vita mia!”. Oppure, al primo colloquio di lavoro in cui la donna candidata al posto di lavoro incontra l'anziana da accudire: “Oddio!...chillè questa qui con questo cencio in capo... in casa mia non ce la voglio!”.
Queste sono dichiarazioni registrate e archiviate come parte di un fenomeno legato a pregiudizi razziali che costituisce in sé una barriera alla parità nell'accesso al mercato del lavoro. Come donne di Nosotras ci siamo interrogate a lungo su quale taglio dovesse prendere la campagna di comunicazione, per evitare di incorrere in ideologismi politici e approcci drammatizzanti, ed alla fine abbiamo scelto l'ironia.
Grazie alla collaborazione con un giovane regista, Michele Coppini, che ha ideato lo spot informativo “Il lavoro di cura non è un film”, abbiamo incontrato Novello Novelli (che si è prestato al ruolo di 'badato') e soprattutto Daniela Morozzi, con la quale si è avviata una collaborazione che ha travalicato i confini del progetto stesso.
Daniela Morozzi ed il musicista Leonardo Brizzi si sono immersi dentro Nosotras, realizzando interviste con le donne che svolgono lavoro di assistenti familiari. Sceneggiando le loro storie, è nato un vero e proprio spettacolo teatrale: “Mangiare, bere, dormire: storie di badanti e badati”che è andato in scena a Firenze, al Teatro di Rifredi il 24 aprile.
Il linguaggio artistico può arrivare a comunicare e sensibilizzare il grande pubblico, laddove non arrivano altre modalità convenzionali come quelle giornalistiche o saggistiche. Attraverso lo spettacolo teatrale è possibile attraversare molte barriere, viaggiando nei paesi d'origine delle assistenti domiciliari, conoscere il loro percorso migratorio, passare il confine attraverso musiche di paesi lontani e capire, con le ragioni del cuore, il punto di vista di “badanti e badati”.
Nosotras associazione interculturale di donne
Via Faenza, 103 - Firenze
donne@nosotras.it - donnenosotras@libero.it
www.nosotras.it
[1] Badante: termine introdotto dalle Legge Bossi-Fini sull'immigrazione. Il termine 'badanti' è esso stesso discriminatorio ed offensivo, essendo riferito perlopiù, nel vocabolario italiano, a 'badare' pecore, mucche o in generale animali. Un termine mutuato dal gergo contadino che indica un rapporto di 'sudditanza' del badato alla badante, ed attribuisce alla badante un ruolo marginale e passivo. Il termine corretto da usare è 'assistente familiare'.
Ndr: 'badante' è uno dei termini che le Linee guida per l'applicazione della Carta di Roma invitano a non usare sui media perchè stigmatizzante.
L'associazione interculturale di donne Nosotras si è occupata, con il progetto “NerArgento” (finanziato dall'Unar-Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale - Ministero per le Pari Opportunità - Palazzo Chigi), di svolgere a Firenze una serie di azioni positive volte all'analisi del fenomeno e a promuovere una campagna di comunicazione contro le discriminazioni razziali, tramite la diffusione di uno spot “Il lavoro di cura non è un film”, e la redazione di un manuale di buone pratiche rivolto alla famiglie italiane. In particolare è stato approfondito un aspetto del fenomeno: molte famiglie rifiutano di assumere donne dal colore della pelle nera e donne islamiche che indossano il velo.
Dall'osservatorio privilegiato degli Sportelli donna dell'associazione Nosotras è emerso un vero e proprio archivio delle telefonate ricevute dalle nostra operatrici, che accolgono le offerte di lavoro domestico e mettono in contatto le famiglie con le donne che cercano lavoro.”Buongiorno, ho bisogno di una badante, però la vorrei bianca... sa mio padre non ci vede più tanto bene e quindi, sa....”. Ed ancora “Buongiorno, cerco una badante, ma la voglio bianca, cattolica e vergine... sa, io ho ottanta anni e non ho mai avuto un uomo in vita mia!”. Oppure, al primo colloquio di lavoro in cui la donna candidata al posto di lavoro incontra l'anziana da accudire: “Oddio!...chillè questa qui con questo cencio in capo... in casa mia non ce la voglio!”.
Queste sono dichiarazioni registrate e archiviate come parte di un fenomeno legato a pregiudizi razziali che costituisce in sé una barriera alla parità nell'accesso al mercato del lavoro. Come donne di Nosotras ci siamo interrogate a lungo su quale taglio dovesse prendere la campagna di comunicazione, per evitare di incorrere in ideologismi politici e approcci drammatizzanti, ed alla fine abbiamo scelto l'ironia.
Grazie alla collaborazione con un giovane regista, Michele Coppini, che ha ideato lo spot informativo “Il lavoro di cura non è un film”, abbiamo incontrato Novello Novelli (che si è prestato al ruolo di 'badato') e soprattutto Daniela Morozzi, con la quale si è avviata una collaborazione che ha travalicato i confini del progetto stesso.
Daniela Morozzi ed il musicista Leonardo Brizzi si sono immersi dentro Nosotras, realizzando interviste con le donne che svolgono lavoro di assistenti familiari. Sceneggiando le loro storie, è nato un vero e proprio spettacolo teatrale: “Mangiare, bere, dormire: storie di badanti e badati”che è andato in scena a Firenze, al Teatro di Rifredi il 24 aprile.
Il linguaggio artistico può arrivare a comunicare e sensibilizzare il grande pubblico, laddove non arrivano altre modalità convenzionali come quelle giornalistiche o saggistiche. Attraverso lo spettacolo teatrale è possibile attraversare molte barriere, viaggiando nei paesi d'origine delle assistenti domiciliari, conoscere il loro percorso migratorio, passare il confine attraverso musiche di paesi lontani e capire, con le ragioni del cuore, il punto di vista di “badanti e badati”.
Nosotras associazione interculturale di donne
Via Faenza, 103 - Firenze
donne@nosotras.it - donnenosotras@libero.it
www.nosotras.it
[1] Badante: termine introdotto dalle Legge Bossi-Fini sull'immigrazione. Il termine 'badanti' è esso stesso discriminatorio ed offensivo, essendo riferito perlopiù, nel vocabolario italiano, a 'badare' pecore, mucche o in generale animali. Un termine mutuato dal gergo contadino che indica un rapporto di 'sudditanza' del badato alla badante, ed attribuisce alla badante un ruolo marginale e passivo. Il termine corretto da usare è 'assistente familiare'.
Ndr: 'badante' è uno dei termini che le Linee guida per l'applicazione della Carta di Roma invitano a non usare sui media perchè stigmatizzante.