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Senza terzo settore non c’è democrazia sostanziale

Lunedì 30 maggio 2022

Di Giulio Sensi - Fonte Vita.it

È stato un viaggio alle origini dell’amministrazione condivisa e dei suoi fondamenti giuridici, economici e antropologici quello del giudice della Corte Costituzionale Luca Antonini intervenuto sabato scorso, 21 maggio, a Pisa alla Scuola Superiore Sant’Anna per l’evento conclusivo del corso “La Riforma del terzo settore. Novità, problemi e percorsi di attuazione” che Cesvot e Scuola Sant’Anna propongono per aiutare il terzo settore toscano ad approfondire le evoluzioni della normativa. Una lezione, quella di Antonini, che ha ripercorso le recenti sentenze della Corte Costituzionale (la 131 dl 2020 e la 72 del 2022) le quali hanno definito in modo chiaro il ruolo strategico del terzo settore per la qualità della vita democratica del nostro Paese “nel quale – ha affermato Antonini - l’interesse pubblico non è più monopolio dell’istituzione pubblica in senso stretto. Il bene comune non è in capo solo alle istituzioni, ma esiste un altro paradigma perché l’interesse generale è realizzato anche grazie all’apporto del terzo settore che si pone sullo stesso piano del pubblico”. Una svolta epocale quella degli ultimi anni sulla scia del principio costituzionale di sussidiarietà che dà forza e valore agli strumenti introdotti dal Codice del Terzo settore proprio in tema di amministrazione condivisa.

“Restano – ha affermato in apertura il presidente di Cesvot Luigi Paccosi - nodi da sciogliere che frenano questo strumento, perché da una parte le amministrazioni non sono del tutto preparate e dall’altra c’è forse anche troppa aspettativa da parte del terzo settore. Serve un dialogo - ha aggiunto Paccosi - per poter lavorare in serenità, perché questi strumenti di co-programmazione e co-progettazione rappresentano anche una svolta culturale dal momento che mettono sullo stesso piano amministrazioni pubbliche e terzo settore”. Paccosi ha ricordato come la Regione Toscana, intervenuta al convegno con un messaggio dell’assessore Serena Spinelli, sia stata la prima regione a dotarsi di una normativa attuativa della riforma del terzo settore. Ma le sentenze della Corte Costituzionale “hanno una forza - ha commentato il professor Emanuele Rossidocente di Diritto costituzionale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa - non solo riservata ad un interesse speculativo dei giuristi o dei costituzionalisti, ma che incide sulla società. Amministrazione condivisa è un’espressione forte che deve ancora diventare prassi, ma il fatto che sia stata definita con una sentenza della Corte Costituzionale produrrà inevitabili conseguenze anche sul piano operativo e concreto”. “Questo anche alla luce del fatto - ha aggiunto Luca Goriricercatore di diritto costituzionale alla Scuola Sant’Anna e direttore scientifico del Centro di Ricerca Maria Eletta Martini - la coesione sociale è assicurata in taluni settori quasi esclusivamente dal terzo settore. Ci sono delle aree - ha aggiunto Gori - in cui né lo Stato né il mercato sono mai arrivati. Il diritto del terzo settore ha avuto una sterzata dalla Corte Costituzionale: la sentenza 131 del 2020 è stata determinante per superare le interpretazioni riduttive e le prassi timide. Ora - ha aggiunto Gori - la sfida Europa è quella più importante, così come l’attuazione del profilo fiscale e della sussidiarietà fiscale segneranno il passo di tutto il terzo settore italiano”. Ed è stato proprio Antonini ad intervenire con chiarezza anche su questi “nodi da sciogliere”.

“Dalla sentenza 72 del 2022 - ha ricordato il giudice della Corte Costituzionale - emerge in modo netto il riconoscimento dell’attività del terzo settore come forma di concorso alla spesa pubblica, la quale non è funzionale all’esistenza dello Stato in sé, ma alla garanzia da parte dello Stato dei diritti essenziali e dei servizi. Se i servizi vengono realizzati da un ente non profit, lo Stato deve tenerne conto. Non a caso il 5 per mille è diretto non al finanziamento dello Stato, ma all’ente non profit con il presupposto che quell’ente garantisca una forma indiretta di spesa pubblica, perché quell’ente stesso svolge una funzione per certi versi analoga a quella dello Stato”. Ma il concorso del terzo settore ai servizi che assicurano importanti diritti a tutti i cittadini e alle comunità non è stato l’unico tema affrontato da Antonini il quale ha più volte ripetuto quanto in realtà dovrebbe essere chiamato “primo settore” proprio per le profonde motivazioni addotte dalla Corte Costituzionale nelle sentenze citate.

“Quello del terzo settore – ha detto - non è un diritto minore, il valore della 131 del 2020 è quello di aver portato a sintesi ed evidenziato un filo rosso che era già presente nella giurisprudenza della Corte Costituzionale”. “Alle origini dell’amministrazione condivisa – ha aggiunto – c’è l’idea di un’antropologia positiva: è scritto implicitamente nella sentenza che il punto di partenza della società solidale è una antropologia positiva, non una negativa. Amministrazione condivisa significa fare le cose insieme, con un cambiamento di metodo. Esiste un altro paradigma: l’interesse generale è realizzato anche grazie all’apporto del terzo settore che si pone sullo stesso piano del sistema pubblico. E quindi la sentenza - ha sottolineato ancora Antonini -, sviluppando l’articolo 118 del principio di sussidiarietà, afferma che gli ETS, in quanto rappresentativi della ‘società solidale’, del resto, spesso costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, e sono quindi in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (altrimenti conseguibili in tempi più lunghi e con costi organizzativi a proprio carico), sia un’importante capacità organizzativa e di intervento. Ciò che produce spesso effetti positivi, sia in termini di risparmio di risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della “società del bisogno”. Si instaura, in questi termini, tra i soggetti pubblici e gli ETS, in forza dell’art. 55, un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato”. Antonini ha definito “plusvalore” quello che il terzo settore immette nella società “che nasce - ha detto - dalla tensione ideale che hanno gli enti del terzo settore. Questo plusvalore in genere è quello che permette il riscatto della persona che non avviene se gli dai un pezzo di pane, ma dallo sguardo caloroso di qualcuno che gli dice ‘sei ancora una persona’. Questo genera il riscatto, si risponde al bisogno non solo dando aiuto materiale o da mangiare, ma c’è un bisogno più profondo della persona che l’amministrazione condivisa fra ente pubblico e ente del terzo settore può generare”. “La ricchezza del terzo settore - ha sottolineato ancora Antonini - deriva innanzitutto dal suo essere una rete capillare sui territori che può fornire informazioni, che opera sul territorio, che conosce il disagio e le povertà e quotidianamente li accoglie. All’ente pubblico il terzo settore può fornire un patrimonio informativo di straordinaria importanza che da solo non riuscirebbe mai a reperire da solo. Perciò la co-programmazione può dare molta più efficacia all’intervento pubblico e la co-progettazione diventa ugualmente più efficace con questo apporto”.

Antonini infine ha sottolineato come un altro aspetto importante della sentenza 72 del 2022 sia quello in cui si afferma che ‘il volontariato costituisce una modalità fondamentale di partecipazione civica e di formazione del capitale sociale delle istituzioni democratiche’. Il nesso con la democrazia è di fondamentale importanza, per quello lo definisco il primo settore perché il luogo in cui una persona viene educata al bene comune è il volontariato”. “Credo -– ha concluso Antonini - che sia responsabilità delle istituzioni valorizzare il terzo settore e responsabilità del terzo settore mantenere sempre vivo il fuoco, la mission ideale che porta a costituire gli enti senza fini di lucro”.

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