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I gruppi di auto aiuto in Italia

Martedì 14 novembre 2006

Firenze, 14 novembre 2006. Sarà presentata venerdì 17 novembre alla Rassegna “Dire&Fare” di Carrara la ricerca I gruppi di auto aiuto in Italia pubblicata nella collana “Briciole” del Cesvot.
Il volume di Francesca Focardi, Francesca Gori, Romina Raspini presenta i risultati dell'indagine conoscitiva sulle realtà di auto aiuto in Italia realizzata dal Coordinamento regionale toscano dei gruppi di auto aiuto e dalla Fondazione Istituto Andrea Devoto. Finanziata dal Cesvot, la ricerca ha come primo obiettivo quello di aggiornare i dati raccolti nel 1999, anno in cui è stata condotto, su commissione del Ministero degli Affari Sociali, il primo censimento nazionale dei gruppi di auto aiuto.

Secondo l'indagine, sono circa 30.000 le persone che in Italia partecipano a gruppi di auto aiuto. Rispetto al 1999, si registra un incremento dei gruppi del 203%. Attualmente nel nostro paese sono attivi 3265 gruppi di auto aiuto, mentre sette anni fa risultavano complessivamente 1603. Il 63% dei gruppi si trova al nord, il 24% al centro, il 13% nel sud e nelle isole.
In Toscana i gruppi di auto aiuto sono 285 attestando la nostra regione al 5° posto dopo Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Lazio.
L'incremento si registra in quasi tutti i settori, soprattutto in quegli ambiti in cui l'auto aiuto non era particolarmente diffuso (identità di genere, minori in condizioni di marginalità, gioco d'azzardo, lutto, neoplasie e altre patologie d'organo, tabagismo, adozioni e disabilità, ecc).
In forte crescita risultano i gruppi di familiari che costituiscono il 32% del campione (1059 gruppi). I gruppi per familiari sono presenti con maggior frequenza nei seguenti ambiti: alcolismo (431 gruppi di familiari adulti di alcolisti), dipendenza da sostanze psicotrope (251 gruppi), disabilità (142 gruppi), disagio mentale (122 gruppi), patologie d'organo (44 gruppi).
Il 94% dei gruppi sono aperti, disposti cioè ad accogliere in qualunque momento persone che chiedono di partecipare. Il 62% del campione prevede la presenza di un facilitatore che conduce le riunioni e favorisce lo scambio di esperienze tra i membri del gruppo. Tuttavia soltanto nel 32% dei casi in cui è previsto il facilitatore quest'ultimo non condivide il problema con i membri del gruppo.
Il 74% dei gruppi svolge altre forme di sostegno, soprattutto attività di informazione e sensibilizzazione. Come sottolineano le autrici della ricerca, i gruppi di auto aiuto rappresentano, infatti, micro comunità fondate su scelte individuali di azione nei confronti di un disagio.
Nel 35% dei casi i gruppi sono dotati di siti web e nel 28% dei casi producono volantini e opuscoli per diffondere notizie a livello locale ad un costo inferiore rispetto ad altre forme di informazione. Il 10% produce riviste curate non soltanto dai membri dei gruppi, ma anche da volontari che lavorano all'interno di associazioni. Il 7% pubblica fogli periodici ed il 6% produce video informativi, utilizzati per interventi educativi e preventivi.

La ricerca offre dunque una 'fotografia' abbastanza chiara delle esperienze di self help in Italia. Una realtà in forte crescita che – osservano le autrici – “non si manifesta come un fenomeno unitario, differenziandosi per distribuzione geografica, organizzazione, struttura, attività svolte, obiettivi e specificità del problema trattato”. Tuttavia, concludono le autrici, “al di là delle caratteristiche peculiari di ciascuna realtà, alla base di tutte le esperienze individuate permane un'ideologia di fondo, che si ispira ad una scelta individuale di azione nei confronti di un disagio. Tutti i gruppi sono fortemente orientati al miglioramento della qualità di vita, cercano di trovare strategie per modificare situazioni disadattive o assumono un ruolo di pressione sociale e politica nella comunità in cui operano”.


Cristiana Guccinelli
Responsabile settore comunicazione, promozione e ufficio stampa
Tel. 329 3709406


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Scarica anche l'indagine sui gruppi di auto aiuto in Europa

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