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“Fatti di relazioni”, pubblicato il nuovo Quaderno

Mercoledì 20 febbraio 2019

Il volontariato è relazione, questo il concetto al centro del nuovo volume “Fatti di relazioni. Prendersi cura dei volontari”, pubblicato da Cesvot nella collana “I Quaderni” (n. 80, pp. 139) e realizzato da Valentina Albertini, psicologa e consulente del Centro Servizi.

Il libro offre una serie di riflessioni e suggerimenti per gestire (bene) le relazioni all'interno delle associazioni e rendere più efficace l'organizzazione associativa. Grazie anche alla presentazione di esempi e casi concreti, l’autrice si sofferma sulla comunicazione e le dinamiche di gruppo, sulle motivazioni che spingono all’azione volontaria, sulle modalità attraverso cui affrontare i conflitti, superare il burn out, migliorare i rapporti tra volontari e tra volontari e dirigenti.

Partendo da principi base della psicologia delle organizzazioni, nel libro si suggeriscono spunti di riflessione e indicazioni utili su alcuni temi chiave, come ad esempio l’accoglienza e la motivazione dei volontari. Secondo Valentina Albertini, infatti,

non è la qualità dei progetti e dei servizi che garantisce al nuovo volontario di rimanere, ma è la qualità delle relazioni tra i volontari all’interno dell’associazione a far sì che si decida di prestare il proprio tempo in maniera stabile e continuata presso quella associazione”.

In altre parole, un’associazione sta bene se i volontari stanno bene tra loro e viceversa.

Per migliorare le relazioni all’interno dell’associazione, avverte Albertini, è importante innanzitutto abbattere alcuni stereotipi e resistenze che sono assai comuni, dentro e fuori il mondo della solidarietà. Tra le più diffuse l’idea che nelle organizzazioni non profit non ci siano conflitti e competizioni perché queste sono “per natura” portate a cooperare.

Un pregiudizio – spiega Albertini – fondato sulla convinzione che “nell’associazione porto le parti migliori di me e allora la parte aggressiva viene bandita”, mentre aggressività e conflitto sono elementi comuni ad ogni gruppo umano e dunque è importante imparare ad accettarli e a gestirli.

Un’altra opinione assai comune è che

“fare o non fare volontariato sia una caratteristica squisitamente personologica: ci sono gli altruisti, e gli egoisti. I primi fanno volontariato, i secondi no”.

Anche in questo caso si tratta di un pregiudizio che invece di avvicinare allontana dall’azione volontaria.

“Il volontariato è un’azione che si fa per molti motivi – sottolinea l’autrice - di cui l’altruismo è solo uno”.

Anzi, è bene sapere – osserva Albertini – che, come dimostrano tutti gli studi del settore, “il volontariato si fa per sé, e per gli altri. In quest’ordine”.

E a questo proposito l’autrice racconta che, durante un corso di formazione promosso da Cesvot e dedicato all’accoglienza dei volontari, uno dei partecipanti definì chi fa volontariato “uno splendido egoista”.

“Questa definizione molto divertente – spiega Valentina Albertini - racchiude in sé una grande verità: essere prosociali fa bene, ma fa ancora meglio se riusciamo ad ottenere in cambio qualcosa”.

Tuttavia è importante ricordare che fare volontariato aiuta a recuperare una funzione psicologica e sociale fondamentale per la propria vita e per quella di tutta la società. Chi fa volontariato è, infatti, più portato a percepire la prossimità dell’altro, ad avere fiducia e a stabilire uno scambio empatico con gli altri, un aspetto che – sottolinea Albertini – è cruciale per costruire comunità più coese e solidali.

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Nella foto i volontari dell'associazione L'Alba di Pisa. Foto di Federico Barattini.

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