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World cancer day: il nostro dossier

L'approfondimento del nostro esperto di comunicazione sociale Bruno Lo Cicero.

La comunicazione sulla salute è una fatica immane. Eppure, qualche risultato si ottiene tutti i giorni … perché è così che funziona.

Di base con il passaparola, ma anche con le campagne pubblicitarie come questa (BREAST CANCER CRUSADE, da una agenzia della Bosnia Erzegovina) la “crociata” contro il cancro al seno e la prevenzione hanno fatto passi da gigante nella consapevolezza matura delle donne, un esempio qui, (e piano piano, anche dei loro compagni), eppure la pubblicità non funziona mai abbastanza.

Quando il tema è molto noto e tutto il mondo converge (come il 4 febbraio, giornata mondiale della lotta al cancro), quando il bisogno e la soluzione sono chiari ed  il nemico invisibile non è sconfitto, quando sembra che il lavoro grosso sia stato fatto (o non sembra rimasto nulla da dire), ecco che si ricorre alla novità, alla modernità.

Cosa è di moda, e cosa non lo è?”…Un pubblicitario si sarà fatto questa domanda (o qualcuno gliela avrà fatta) almeno una volta ad ogni cambio di stagione, come se al cambio di stagione ci si dovesse sempre porre la questione di essere più “moderni”. Ma la domanda si può porre in altro modo: “Deve la comunicazione essere per forza moderna?” e la risposta sembrerebbe “sì, deve…”.

In pubblicità bisogna rincorrere la modernità (e la novità) perché una campagna già vista e stra-vista (o vecchia) ha minori possibilità di catturare attenzione. Questa rincorsa serve per “catturare l’attenzione” dell’audience come se fosse una preda ambita, perché nel cervello del potenziale contatto (target di comunicazione), oltre alle mille e mille distrazioni e stimolazioni continue ricevute dal nostro modo di vivere (che i social hanno reso esponenziali), si insinuano i cosiddetti “bias cognitivi” (acronimo inglese che sta per “difetti, malfunzionamenti”).

Uno dei più potenti bias cognitivi è la “ritenzione selettiva” (e parrebbe quindi giocare a nostro favore): il pubblico presta più facilmente attenzione a qualcosa che conosce già, se in qualche modo sente che lo riguarda. E’ l’effetto di quando cambiamo l’auto, e magicamente ne vediamo a decine intorno a noi, o di quando qualcuno ci dice “ti ricordi solo quello che ti interessa !!”.

Negli ultimi anni sta però nascendo una corrente di marketing che si occupa proprio di questa particolare attitudine dell’audience, perché quest’ultima pone filtri percettivi basati proprio sul bias della ritenzione selettiva, evitando di portare a ricordo quello che ha già visto.

È quindi in voga parlare addirittura di “marketing dell’attenzione”, in cui non importa quello che si vende, né ciò che si vuole dire per promuoverlo: l’importante è conquistare l’attenzione di chi ci ascolta (catturare l’ambita preda), soprattutto rendendo nuova l’immagine di un prodotto conosciuto.

In questo gioco di seduzione, i colori giocano un ruolo determinante: Pantone® leader mondiale dei colori (e delle loro sfumature), ogni anno definisce e pubblica un colore che diventa “il colore dell’anno”. Per il 2023 questo colore è il Viva Magenta
Ovviamente il claim è in croato (“solo la diagnosi precoce del cancro al seno può garantire il successo del trattamento”) ma forse avrete notato che il colore del reggiseno “mono-coppa” della campagna è molto simile al colore 2023 Pantone … eppure la campagna è una “vecchia immagine” del 2007, e forse questo basta a renderla immediatamente “moderna” ma ciò che più conta … l’avevate guardata con la stessa attenzione, prima?

Nel triangolo della pubblicità “cosa – a chi – come” non cercate la modernità a tutti i costi (il come), fate in modo che ci sia ancora del “nuovo da dire” (il cosa), e soprattutto cercate qualcuno di nuovo a cui dirlo (a chi), e magari a cui dirlo di nuovo ….

 

Alla prossima … e fate pubblicità

 

P.s.

Cosa c’entra la storia del colore moderno con il cancro al seno, e con il 4 febbraio ? A prima vista niente, o quasi … nel mio piccolo, intanto, ricorderò a mia moglie di fissare lo screening annuale. 

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