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Ripensare il volontariato

Un'introduzione al seminario regionale di Montecatini

Perché questo seminario

A differenza degli anni passati, quest’anno abbiamo pensato al consueto seminario regionale di Cesvot come ad un momento di riflessione interno al volontariato toscano e rivolto principalmente alle grandi reti associative. Il seminario non prevede quindi l’intervento di rappresentanti di Regione ed enti locali perchè vuole essere un confronto aperto tra rappresentanti del volontariato ed esperti delle tre Università toscane che da anni ci accompagnano con ricerche e studi. Ovviamente l’assenza delle istituzioni non significa certo la messa in discussione di un’alleanza strategica costruita negli anni nella quale continuiamo a credere e ad impegnarci. Tuttavia, credo che oggi sia forte la necessità di aprire un dibattito tra le associazioni non solo per meglio capire gli effetti della crisi, i bisogni e le criticità che stiamo vivendo ma anche per individuare le risorse e le risposte che possiamo mettere in campo insieme e in modo condiviso.

Le associazioni più grandi e strutturate, grazie al loro radicamento capillare sul territorio e al loro impegno in più settori, avvertono chiaramente i bisogni dei cittadini ma, allo stesso tempo, soffrono, forse più di altre, gli effetti della crisi socio-economica e la drastica contrazione delle risorse pubbliche. In questo seminario abbiamo quindi ridotto al minimo gli interlocutori esterni proprio per meglio concentrarci sulle nostre criticità e avviare una riflessione comune sul percorso da intraprendere per uscire da questa fase. Una fase che, a mio parere, vede il volontariato sempre più sulla difensiva, poco propositivo e attento a quegli elementi di innovazione che stanno attraversando sia la società civile che le istituzioni e la politica.

Le questioni sul tappeto

Per introdurre e avviare la discussione vorrei soffermarmi su alcune questioni e criticità che, a mio avviso, sono ancora tutte sul tappeto e dalle quali, se vogliamo proseguire alla ricerca di risposte comuni, non possiamo prescindere.

1. La prima è senz’altro questione del lavoro e della lotta alla povertà. Difficile pensare ad uno sviluppo del volontariato senza che il grande tema del lavoro venga affrontato e almeno in parte risolto. Recentemente il presidente della Bce Mario Draghi ha affermato che se non saremo capaci di affrontare il problema della disoccupazione rischiamo “forme di protesta estrema e distruttiva”. Non a caso il tema del lavoro, della povertà e del reddito minimo sono punti centrali del programma dell’attuale Governo.

2. Il secondo aspetto sul quale mi vorrei soffermare è quello delle risorse finanziarie e dei canali dai quali storicamente il volontariato attinge. Anche in questo caso, lo sappiamo tutti, molte delle risorse di cui ha goduto fino ad oggi il volontariato organizzato sono risorse pubbliche, provenienti cioè da enti locali e istituzioni. Solo se guardiamo al nostro sistema di welfare, vediamo come dal 2008 al 2012 i finanziamenti statali per le politiche sociali sono passati da 1480 milioni di euro a 110 milioni. Sempre dal rapporto Anci emerge che, a questa riduzione delle risorse, si devono aggiungere gli effetti delle manovre finanziarie sui Comuni che nel 2012 hanno dovuto ridurre ulteriormente gli investimenti sul sociale del 12-13%.

3. Il terzo tema che vorrei affrontare è di carattere più generale: cosa rappresenta e come viene percepito il volontariato, o meglio le associazioni e la loro identità? Nessuno mette in dubbio che l’azione volontaria venga percepita in modo molto positivo dai cittadini (vedi le indagini Censis e Eurispes) ma quello che mi domando è come siano percepite l’identità e la mission delle associazioni e, al contempo, la figura e il ruolo dei loro dirigenti.

4. E qui ritorna una questione emersa anche in occasione degli incontri preparatori a questo seminario: la necessità per il volontariato di recuperare la propria autonomia e la propria funzione di advocacy. In un certo senso le associazioni sembrano aver smarrito la propria missione di difesa e tutela dei diritti. Ciò è accaduto anche perché nel tempo le associazioni hanno cominciato a svolgere sempre più servizi di welfare locale che le hanno trasformate sia nell’organizzazione che negli scopi. Una parte del volontariato è sempre più impegnata sui servizi alla persona e sempre meno sui diritti, sull’ampliamento della cittadinanza, sull’innovazione sociale, sull’affermazione di una solidarietà diffusa.

5. Il tema della mission e dell’attività primaria del volontariato ci porta anche al rapporto tra volontariato e mondo giovanile. Dalla recente indagine sulla partecipazione dei giovani in Toscana, che abbiamo condotto insieme alla Fondazione volontariato e partecipazione, emerge un dato molto interessante: “l’attività che i giovani svolgono nelle associazioni non è quasi mai definita ‘volontariato’. Nella loro rappresentazione il ‘volontariato’ è schiacciato sul servizio, reso in forma asimmetrica, troppo poco ‘protesta’ e troppo poco ‘proposta’”. Ecco che ritorniamo nuovamente all’attività che, a mio avviso, dovrebbe essere prioritaria per il volontariato: ovvero, attraverso i servizi, sostenere e promuovere i diritti, soprattutto delle persone più fragili.

6. Accanto alla questione dei giovani e del ricambio generazionale c’è quella, non meno importante, della rappresentanza di genere. Da tempo si è aperto un dibattito sulla rappresentanza delle donne in politica ma anche nel mondo dell’impresa e delle professioni. Tutti conosciamo le aspettative ma anche le resistenze che ci sono su questo tema. Già da alcune nostre ricerche emerge come le associazioni che hanno una forte presenza di donne siano più dinamiche e moderne. Ma, sebbene il numero delle donne volontarie cresca e sia quasi pari a quello degli uomini, sono ancora poche le donne che diventano presidenti e dirigenti soprattutto dentro le associazioni più grandi e organizzate. Anche nel mondo del volontariato questa questione è diventata cruciale e non più procrastinabile. Lasciare fuori le donne dalla rappresentanza e dai processi decisionali significa non solo ledere un diritto, quello della parità di genere, ma anche impoverire e indebolire il Paese. Ciò vale per tutti gli ambiti del nostro vivere, compreso il volontariato.

7. Parlando, infine, di rappresentanza non possiamo non pensare alla rappresentanza politica del terzo settore. In occasione delle ultime elezioni, alcuni partiti hanno ‘cooptato’ esponenti del terzo settore per portarli in Parlamento come ‘voce’ della società civile e della solidarietà organizzata. Un fatto positivo ma non nuovo. Io stesso, in passato, ho vissuto l’esperienza parlamentare ma l’enfasi che ha caratterizzato queste candidature è certamente nuova. Queste candidature hanno creato grandi aspettative non solo nei cittadini ma anche negli stessi candidati che, attraverso la proposta di istituire un gruppo interparlamentare sul terzo settore, ritengono di poter ottenere significativi risultati portando a conclusione tutta una serie di riforme che da tempo il nostro mondo chiede. Tuttavia già da questi primi mesi di legislatura alcuni nostri parlamentari si sono posti un’importante domanda di fondo: quale ruolo effettivo possono esercitare i rappresentanti del volontariato e del terzo settore all’interno dei partiti e delle istituzioni parlamentari?

8. Nell’avviarmi alla conclusione di questa mia “introduzione alla discussione” vorrei soffermarmi ancora sul tema delle risorse per aprire un altro terreno di possibile confronto. Risulta ormai evidente a tutti che il finanziamento pubblico al volontariato sarà destinato a ridursi ulteriormente. Ciò nonostante permane una tendenza che definirei ‘attendista’: una parte del volontariato si illude ancora e attende il ripristino delle condizioni pre-crisi, cioè un ritorno all’intervento pubblico. Tuttavia, se ci guardiamo intorno, vediamo anche l’emergere di una nuova consapevolezza che porta una parte del volontariato e del terzo settore verso posizioni più ‘innovative’. Alcune associazioni, infatti, stanno già sperimentando forme nuove di collaborazione tra profit e non profit e questo è, a mio avviso, un punto cruciale.

Per leggere il testo integrale consultare il sito di Cesvot.

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