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Il mondo del gaming parla solidale

L’approfondimento di Bruno Lo Cicero sul mondo del gaming per il terzo settore.

Nel mondo digitale, il gaming è una delle frontiere del corrente millennio, un business miliardario che coinvolge software house, digital company, aziende della new economy, investitori istituzionali alla ricerca di profitto, un intrattenimento di qualità e coinvolgimento sempre maggiori per i pubblici più giovani (ed anche per quelli meno giovani).

In definitiva però, il gioco nella sua versione analogica fatta di oggetti, sfide e regole, ha sempre avuto un ruolo importante già nelle società preistoriche, una metafora perfetta della vita che aiuta i bambini a confrontarsi con il mondo… e gli adulti a distaccarsene. 

In periodi diversi, ci sono stati giochi che hanno avuto una caratteristica particolare, quella di costruire relazioni tra i giocatori, ed erano appunto chiamati giochi di società: lo sono stati i giochi di carte in tutte le varianti, il gioco dell’oca (per esempio non gli scacchi o la dama), Monopoli, Risiko ed i più nuovi Carcassonne, Ticket to ride, House of the dragons e tutti i giochi di ruolo.

Cosa c’entrano i giochi da tavolo con il volontariato? Se avrete la pazienza di leggere tutto, scoprirete che qualcosa c’entrano. Proprio per la loro potente socialità, i giochi da tavolo potrebbero infatti essere sfruttati come strumento di comunicazione, oppure rappresentare una stortura da stigmatizzare.

Lo ha capito bene Avis Toscana, che con il supporto del dipartimento di Game Science Research Center dell’IMT di Lucca e di Cispel Toscana, ha lanciato Capitan Avis, un gioco in scatola che ha già superato le 5.000 copie diffuse in fase sperimentale (dopo il lancio nell'area Versiliese). Capitan Avis è un gioco collaborativo che mette al centro ovviamente la donazione: adatto alle famiglie, senza limiti di età, si vince o si perde tutti insieme. Un bel messaggio nel messaggio.

In un altro gioco, una mini-ambulanza trasporta più pazienti possibili, e prima degli avversari, al Pronto Soccorso, con imprevisti assurdi e pazienti strani, una serie di eventi semiseri, comici e fantasiosi, un gioco che vuole stimolare chi ha tempo a donarlo alla comunità.

Parliamo di Ambulanza pazza, un gioco da tavolo ideato dall’associazione Livorno Artistica APS, un sodalizio artistico culturale che punta alla genialità totalmente labronica, simbolo di una città che pur tra mille difficoltà si ingegna per sopravvivere ed emergere. 

Il gioco, adatto a tutte le età, semplice e divertente, è illustrato dalla disegnatrice livornese Saringablu, si ispira al gioco dell’oca, e nasce come un omaggio a tutto il mondo del volontariato nel mondo sanitario di emergenza e urgenza che quotidianamente aiuta le persone nel momento di difficoltà, dal più banale problema di salute a gravi situazioni di pericolo. Al momento è solo una idea, e quando sarà prodotto, parte del ricavato delle vendite sarà donato ad associazioni di volontariato

Perché mi interessa? Perché potrebbe essere una splendida occasione di visibilità per il mondo del volontariato sanitario, perché è una start-up, perché non è ancora in commercio ed è potenzialmente scalabile; ci sono, cioè, degli spazi di visibilità da sfruttare (per esempio mettendoci dentro un brand) in modo da produrlo già in serie, farlo diventare un vero oggetto di fundraising, e proporlo come alternativa di gioco rispetto a titoli più blasonati.

Il secondo caso (una stortura da stigmatizzare) è rappresentato da una folta serie di giochi in scatola dove già il titolo inquadra immediatamente il gioco, le sue regole e l’obiettivo: si chiamano Sbronzopoli, Glop game, Sbronzami +, Drinkopoli, Maxi sbronza, Do or drink, Buzzed … ma esistono anche le varianti alcoliche dei più classici Ludo, Ping, Roulette (oltre che di Tic-Tac-Toe, l’innocente tris). 

Digitare su Amazon “giochi per bere” è la prima delle storture: accostare il bere ad un gioco è infatti un sincretismo da segnalare questi giochi da tavolo possono essere pericolosi, nonostante i produttori si spendano in inviti a bere responsabilmente nelle istruzioni, e pongano un divieto di non giocare se si è minorenni o (nel caso) propongano di giocare con bevande non alcoliche.

Perché mi interessa? Perché potrebbe essere una splendida occasione per le associazioni che si occupano di combattere le dipendenze da alcol: davanti a questo profluvio di titoli, le associazioni dovrebbero fare rete, portare il tema ad una attenzione più ampia, chiedere di limitare o far cessare la produzione e vendita di questi oggetti.

Fare emergere la loro “potenziale” pericolosità davanti all’opinione pubblica sarebbe importante, non solo per la questione in sé quanto per dimostrare la capacità di intercettare e stigmatizzare comportamenti e costumi che (pur se legittimi) possono essere anche lontanissimi da stili di vita sobri ed equilibrati. 

Si può addirittura andare dai produttori di giochi in scatola, chiedendo loro di smettere di produrre “giochi per bere”  e proponendo di lanciare sul mercato Ambulanza Pazza, con una operazione di social branding, dove il marketing diventa scambio di valori positivi anche per la società in generale.

Il gaming è una frontiera per tutti, costellata anche di comportamenti e proposte a rischio: per il terzo settore, starci dentro può essere un’opportunità… ma è anche un dovere

Alla prossima, e fate pubblicità

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