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Le attività del Cantering, trasformate dal Covid all'insegna della solidarietà

Oltre l'ostacolo del Covid: la storia dell’associazione Cantering che ha adottato due famiglie del campo profughi di Lesbo, dando il via a un nuovo progetto.

Tra servizio catering solidale e spettacolo teatrale , l’Associazione Cantering  è composta da un gruppo di vecchi amici ex scout che hanno deciso di mettersi a disposizione di altre associazioni di volontariato aiutandole promuovendo le loro attività e raccogliendo contributi a loro favore.

Come riescono a portare avanti questo obiettivo? Grazie alla creatività e all’empatia che unisce un gruppo numeroso ed eterogeneo  di amici che si conoscono da sempre.

Il Cantering allestisce,  a favore dei progetti sociali che decidono di sostenere, gustose cene di solidarietà accompagnate da spettacoli scanzonati e divertenti. L’intero ricavato delle cene che organizzano va a favore dei progetti.

Il Cantering si occupa di ogni dettaglio: acquisto e  preparazione del menù, apparecchiatura e servizio in sala, spettacolo e sistemazione finale. Tante in questi anni le realtà che hanno beneficiato del ricavato delle cene di solidarietà: Don Biancalani e Vicofaro, Apes Onlus, Mujer tu puedes, Prana 2000, solo per citare le più recenti.

Il motto dell’associazione Cantering è “Gioia e passione” ed è proprio per questo che il covid non ha frenato la loro solidarietà. Data l’impossibilità di continuare a organizzare le loro cene, si sono inventati le “cene sospese”, un modo di continuare a  raccogliere fondi per iniziative solidali.

Illuminante per il Cantering, nell’elaborare una strategia di trasformazione delle proprie attività, è stato l’incontro con Nawal Soufi, cooperante del campo profughi di Lesbo, armata di grande forza, semplicità ed empatia. Grazie alla sua testimonianza diretta l’associazione ha approfondito la storia del campo profughi di Moria a Lesbo, uno dei peggiori campi profughi che esistono, un inferno  nel cuore dell’Europa per 20.000 persone, imprigionate dalla  privazione dei più elementari diritti.

L’isola di Lesbo è molto vicina alla Turchia, e quindi in questi anni è diventata approdo di tanti che scappano dalle guerre, in particolare afghani, siriani, iracheni. Solitamente queste persone approdano in Turchia per poi cercare di raggiungere la Grecia e altri paesi europei per chiedere asilo.

Il campo è nato da una base militare che poteva ospitare un massimo di 3000 persone. Oggi ne conta circa 20mila. I report di Amnesty International e Medici senza frontiere raccontano una situazione disastrosa. A Moria il cibo scarseggia, come l’acqua e i servizi igienici. Si vive nelle tende, in mezzo al fango, con le vite sospese perché è impossibile lavorare senza documenti e solo il primo colloquio per le richieste di procedura di asilo richiede 15 mesi.

 Nel campo si trovano tante famiglie con bambini, per una percentuale di minori che arriva al 40%, circa 7mila. Violenze, atti di autolesionismo e tentato suicidio sono all’ordine del giorno e non risparmiano nemmeno i bambini.

“Accanto a noi si consuma questo orrore e per questo lanciamo un appello a non restare indifferenti. Siamo in contatto con la cooperante Nawal e dal mese di agosto abbiamo adottato due famiglie, che riusciamo a sostenere a distanza con un contributo economico che per noi è irrisorio, ma per loro significa avere speranza e un sostegno concreto.  A partire da queste adozioni vogliamo informare e raccontare questa realtà, creando reti di solidarietà collettiva sempre più forti. Lanciamo un appello aperto a tutti coloro che vogliano far parte di questa iniziativa” spiega la presidente dell’associazione Cantering, Claudia Russo.

In questi giorni il Cantering  sta muovendo i  suoi passi per continuare ad allargare l’impegno a Lesbo, raccontando grazie a Nawal la vita nel campo di Moria, con l’obiettivo di allargare la rete di solidarietà. Per conoscere l’associazione potete visitare la pagina Facebook Cantering e scrivere a info@cantering.it.


Foto in alto - Associazione Cantering

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