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L’accoglienza: da suggestione a risorsa

Le ricordiamo ancora le facce un po’ stupite che hanno accompagnato la promozione del nostro libro “L’accoglienza dei volontari nel Terzo Settore: tecniche di comunicazione e suggerimenti pratici” (Cesvot, I Quaderni, n. 54, dicembre 2011). Un segno di come l’accoglienza sia trattata come suggestione e non come risorsa interna a una organizzazione, qualunque sia l’ambito, qualunque siano le dimensioni. Il loro stupore ci impone di partire dall’animus che sottende il corpus di strategie calibrate sui singoli obiettivi.

Intrappolati in una griglia predefinita di battute, abbiamo deciso di stilare un vademecum. Un apparente passo indietro che potrebbe trasformarsi in una vera e propria corsa in avanti nell'immediato futuro.

1. L’accoglienza non è una tecnica ma una attitudine da includere nelle tecniche di comunicazione interne a ogni organizzazione.

2. In quanto attitudine non è mai predefinita ma risponde espressamente alle istanze dell’organizzazione. Per esempio, se il rapporto organizzazione/volontario si realizza una volta ogni tre mesi, dovrà essere previsto un percorso d’accoglienza che risponda esattamente a tale tipologia di incontro.

3. L’accoglienza è trasversalmente presente in tutte le fasi di contatto con il volontario, non si esaurisce nella fase di reclutamento.

4. Nella fase di reclutamento, l’accoglienza si realizza in una “condivisione informativa” che interessa sia l’organizzazione che il volontario. La sincerità e la trasparenza consentono di misurare la reale disponibilità del candidato e il reale apporto che può essere dato nonché la serietà e la credibilità dell’organizzazione rispetto a una attività di reclutamento non più quantitativa ma qualitativa.

width=2035. Nella fase operativa, l’accoglienza si traduce in un dialogo costante che – senza influire sulle gerarchie decisionali interne – renda evidente l’attenzione al parere di tutti, nessuno escluso. In tal senso, l’obiettivo è quello di creare fidelizzazione interna consolidando un clima di responsabilità individuale funzionale alla crescita dell’organizzazione.

6. Attenzione alle forme manipolative di accoglienza che rischiano di vanificare gli effetti positivi ottenuti.

7. Un buon clima di accoglienza comporta un lavoro costante nel tempo, sia nella declinazione che nel monitoraggio degli effetti ottenuti.

8. L’accoglienza può essere applicata a tutti gli strumenti di contatto dell’organizzazione. Per esempio, un sito web può dimostrare di essere accogliente predisponendo modalità di consultazione semplici e intuitive (anche per chi si accosta alla materia per la prima volta); contenuti veritieri/aggiornati e una corretta sinergia con gli altri strumenti di contatto (telefono, fax, indirizzi di posta elettronica dedicati per ogni settore). Questo impone un monitoraggio non casuale ma, al contrario, ben pianificato.

Le battute impongono un finale; noi, piuttosto, proponiamo un titolo: L’accoglienza: una risorsa (finalmente) condivisa.

A tutti voi, buon lavoro e in bocca al lupo.

 
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