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Non solo numeri

Dai Gas ai negozi a tempo: il boom del consumo etico

Il 63% degli under 40 sceglie aziende socialmente responsabili

Il 63% dei consumatori under 40 e il 46% dei consumatori globali sono disposti a spendere di più per prodotti di aziende socialmente responsabili. Questo uno dei dati più significativi dello studio Nielsen Global Corporate Citizenship 2012. In particolare l’Italia si posiziona al primo posto in Europa con il 38% dei ‘consumatori etici’. Tendenze che vengono confermate anche dai numeri dell’economia sociale (in Europa +6% dal 2002 al 2010, Rapporto Cese 2012), dell’agricoltura biologica (Report prodotti biologici 2012) che in Italia cresce sia nella produzione (+9% nel 2011 e +6% nel 2012) che nel consumo: +14,2 nel nord Italia e +11% nel centro.

E poi ci sono i dati del commercio equo e solidale e dei Gas. Nel 2012 i Gruppi di acquisto solidale hanno superato quota 900 (nel 2011 erano 800) per un fatturato di oltre 40milioni di euro. In Italia le botteghe del commercio equo sono 247 e 90 le organizzazioni specializzate: oltre 1000 le persone impiegate, 5mila i volontari e 72milioni di euro il fatturato mondiale (Agices).

Se il commercio equo e i Gas sono stati pionieri, oggi il consumo etico e solidale si è aperto ad una grande varietà di prodotti, pratiche e soggetti: dalla cooperazione all’impresa sociale, dal volontariato all’associazionismo. L’acquisto a fini solidali e sociali può, infatti, rappresentare un utile strumento di sostegno e promozione del non profit. Secondo una ricerca condotta da Ethos il 55,5% degli italiani acquista prodotti che devolvono parte del prezzo a cause sociali o ad associazioni di volontariato.

Un fenomeno che sta prendendo sempre più piede è il cosiddetto temporary store: punti vendita ‘a tempo’ che offrono, in occasione di speciali campagne o periodi dell’anno, prodotti di ogni tipo (vestiti, libri, oggetti usati, gadget). Le associazioni possono così raccogliere fondi e promuovere le proprie attività. In Gran Bretagna si contano 9mila negozi. In Italia ci sono quelli della Lilt e i Negozi di Natale di Emergency in 12 città italiane ma non mancano i cosiddetti charity shop aperti tutto l'anno, come quelli di Ant che conta 52 “Cantucci della solidarietà”, uno anche in Toscana inaugurato proprio lo scorso dicembre a Massa. Altre associazioni, come Aibi, hanno invece scelto lo shop online.

Acquistare in modo etico significa anche sostenere la solidarietà e l’integrazione sociale. Grazie alla Vetrina dei prodotti dal carcere presente sul sito del Ministero di Giustizia, i consumatori italiani possono scegliere di comprare uno dei 460 prodotti realizzati dai detenuti di 412 strutture penitenziarie. Il Ministero di Giustizia ha anche finanziato il Progetto Granducato per rivitalizzare le attività produttive nel carcere della Gorgona (leggi l’intervista a Stefano Turbati).

L’integrazione lavorativa di persone che vivono situazioni di disagio è anche lo scopo di molte associazioni e cooperative attive nella ristorazione sociale, nella vendita di prodotti bio e a km 0, nella sartoria con materiali usati o di recupero (leggi l’intervista ad Arianna Baldi).

prodottiCon il cosiddetto Cause Related Marketing il mercato dei prodotti ‘solidali’ sta diventando anche un importante terreno di incontro tra impresa e non profit: un esempio sono le partnership tra De Cecco e Save the Children o tra Liberaterra e Coop. L’associazione Libera, però, ha scelto di affiancare alla grande distribuzione anche 15 botteghe “Saperi e sapori della legalità” che offrono prodotti bio coltivati nelle terre confiscate alla mafia (leggi l’articolo di Paolo Martinelli).

L’ultima tendenza del momento è il cash mob: acquisti solidali di massa per salvare negozi in crisi. Nati nel 2011 negli Usa, in Italia sono arrivati nel 2012 a Palermo e Milano: grazie ai social network gruppi di cittadini, in un giorno stabilito e con una quota di spesa prefissata, si danno appuntamento in un negozio in difficoltà economica per fare un acquisto di massa. Una solidarietà a km 0 per salvare piccoli esercizi di quartiere o a gestione familiare. Il prossimo? A febbraio, stay tuned.

 

Infografiche sul consumo solidale


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