E’ un volontariato ‘di servizi’, impegnato sempre di più in ‘cultura e ambiente’, dipendente dalle entrate pubbliche e con oltre 20 anni di esperienza. E’ questo il quadro che emerge dalla rilevazione pubblicata da Cesvot nel Quaderno “Oltre la crisi. Identità e bisogni del volontariato in Toscana”. La ricerca, realizzata dall’Università di Pisa e svolta da settembre 2014 a febbraio 2015, ha acquisito informazioni strutturate e dettagliate su ben 1.712 organizzazioni di volontariato presenti in tutto il territorio regionale.
Il campione preso in esame costituisce il 52% sul totale delle organizzazioni di volontariato aderenti al Cesvot e rappresenta la ricerca più ampia mai condotta relativamente al volontariato toscano.
Secondo l’indagine il volontariato toscano si conferma come un volontariato di “servizi”, con un 94% delle organizzazioni di volontariato (Odv) che offre servizi alla popolazione. Si tratta di prestazioni che coprono un ampio spettro di bisogni sociali e che dunque segnalano come il volontariato costituisca un soggetto effettivo, ineliminabile ed essenziale del welfare regionale. La produzione di tali servizi si basa su un rapporto stretto con le istituzioni, dato che ben il 47,4% delle Odv intervistate ha convenzioni attive con l'ente pubblico, in particolare quelle che operano in ambito sanitario (70%). Di conseguenza, quasi un terzo delle Odv dipende prevalentemente da entrate di fonte pubblica (31,6%), mentre il 23,3% dipende prevalentemente da fonti private e il 38,8% da autofinanziamento (il 6,3% dipende da un mix equilibrato delle tre fonti di finanziamento). Quasi la metà delle organizzazioni ha almeno vent'anni di operatività sul territorio (il 46% delle Odv, infatti, è nata prima del 1994); il 24% delle Odv intervistate è nato tra il 1995 e il 2004 (quindi ha un'età compresa tra dieci e vent'anni), mentre il 30% delle Odv è nato negli ultimi dieci anni. Si può dunque sostenere che gran parte del volontariato toscano è strutturato e consolidato; inoltre i dati evidenziano, negli ultimi dieci anni, una natalità in termini di OdV più elevata rispetto al decennio precedente.
Il sociale costituisce il settore più diffuso, in quanto rappresenta il settore prevalente per il 33,2% delle Odv. Il settore sanitario è quello prevalente per il 29,3% delle Odv mentre quello socio-sanitario costituisce attualmente il 10,2%. In particolare si deve registrare lo sviluppo delle Odv che operano in ambito culturale (10%) e ambientale (7%); significativo il settore della protezione civile (5,5%) e del volontariato internazionale (3,9%).
Dalla ricerca emerge inoltre un incremento nelle Odv di piccole dimensioni che si attestano al 35% (da 1 a 10 volontari), un leggero calo nelle organizzazioni di medie dimensioni (11-30 volontari: 35%), ed una sostanziale tenuta delle Odv di grandi dimensioni (31 e più volontari: 30%).
Dalla rilevazione del 2015 è stato possibile acquisire informazioni più precise rispetto agli effetti della crisi socio-economica sulla vita delle organizzazioni di volontariato toscane. La conseguenza principale si è avuta in termini di diminuzione dei fondi disponibili (42,6%) e di aspetti congiunturali negativi (34,5%). Tra tali “aspetti congiunturali negativi” devono essere richiamati: a) l'aumento della pressione delle aspettative istituzionali (pubbliche) sul ruolo del volontariato in quanto tale (cioè “gratuito”) nella copertura delle attività di welfare territoriale; b) l'aumento della pressione derivante dalle richieste di bisogno da parte della cittadinanza; c) la minore disponibilità di volontari continuativi; d) la minore attrattività delle attività di volontariato nei confronti dei giovani; e) l'aumento dei vincoli burocratici. Tuttavia è interessante notare come il “calo delle adesioni” è un effetto della crisi segnalato “soltanto” dal 5,2% delle Odv intervistate; la riduzione dei mezzi strutturali e la maggiore incertezza circa l'accesso alle risorse è segnalato dal 2,9% delle Odv, l'aumento delle spese solo dall'1,8%.
“Si tratta di un volontariato che è stato colpito in modo consistente dalla crisi socio-economica – spiega Paolo Balli, direttore di Cesvot - soprattutto in termini di riduzione delle risorse economiche disponibili e della maggiore incertezza nell'accesso e nell'impiego delle risorse umane, che sono diventate gradatamente più discontinue. Ma si tratta di un volontariato che è in grado di sopperire alla grave carenza di risorse economiche attraverso uno sforzo mirato al reperimento di risorse in ambiti alternativi (autofinanziamento) e attraverso l'impegno ‘intensivo’ delle risorse umane, che ‘compensano’, laddove possibile, le difficoltà economiche”.
Dalla ricerca emerge che le Odv sentono la necessità di accedere a risorse economiche più cospicue (39,2%), di disporre di risorse umane (24%) e di accedere a risorse logistiche, organizzative e progettuali (17%). Seguono poi le richieste di snellimento burocratico e di maggiore rapporto con l'ente locale (13,1%). Quando si proiettano verso il domani, è interessante notare come il 38% delle Odv rispondenti prefiguri un futuro in cui il volontariato gratuito e spontaneo sarà in declino, per far posto a organizzazioni che somiglieranno sempre più ad imprese sociali (15,8%) e a soggetti tipici dell'economia sociale (9,7%). Il 14,5% prevede una ancora più consistente dipendenza delle Odv dalle istituzioni pubbliche (sia in termini di scelte politiche che di finanziamenti), mentre soltanto il 9% prefigura la possibilità di un recupero di una funzione, per il volontariato, più strettamente collegata con un ruolo etico-politico e critico.
“Il volontariato sta attraversando intensi momenti di modificazione e, talvolta, di disorientamento e sfiducia, forse per la prima volta nella sua storia recente” - spiega Andrea Salvini, docente dell’Università di Pisa che ha curato la ricerca insieme a Irene Psaroudakis. “Nonostante ciò, si fa carico dei propri problemi, è consapevole delle ragioni che sono alla base di quegli stessi problemi, e opera enormi sforzi per mantenere elevati i livelli di offerta dei servizi alla popolazione. Questo periodo di disagio, ha ridimensionato l'entusiasmo della relazione con le istituzioni e ha messo al centro l’esigenza di recuperare ambiti di autonomia e di maggiore professionalità, anche a costo di mettere in secondo piano aspetti considerati tipici del volontariato, come la gratuità e la spontaneità. Quello che non è stato ridimensionato è l'impegno a garantire i livelli di risposta al territorio e alla popolazione che siano adeguati alla situazione di crisi, mantenendo ancora elevata la qualità degli interventi. E' un volontariato in grado di individuare i suoi limiti, di superarli e di trasformarli in opportunità, valorizzando soprattutto le risorse umane, opportunità a beneficio, in primo luogo, delle comunità servite”.