Di Clara Capponi - CSVnet
In Italia, 26 milioni di persone non hanno competenze digitali di base. Si tratta del 54% della popolazione italiana tra i 16 e i 74 anni, rispetto al 46% della media Ue. L’Italia è così al 18esimo posto su 27, secondo i dati della Commissione europea (Digital Economy and Society Index – DESI). La bassa percentuale di cittadini con competenze digitali è solo la punta dell’iceberg di ritardi più ampi. Il gap italiano è infatti maggiore nei sottocomponenti dell’indice DESI di problem solving skills (69% in Italia vs. 79% in Ue) e di information and literacy skills (71% in Italia vs. 80% in Ue). I dati mostrano quindi che il fenomeno italiano di basse competenze digitali si innesta in un contesto di mancanza di conoscenze più esteso che comprende abilità cognitive complementari, dette anche soft skills. Questo ritardo produce un impatto sulla reale “cittadinanza digitale”, sull’accesso ai servizi della pubblica amministrazione da parte di tutti i cittadini, sull’adeguamento delle competenze dei lavoratori al mutare delle esigenze del mercato del lavoro e rappresenta un freno allo sviluppo del Paese. Anche per questo, sempre di più, aziende e istituzioni si aspettano che la maggior parte dei loro lavoratori possieda competenze digitali di base e/o avanzate, così da stare al passo con l’innovazione tecnologica, restare competitive sul mercato e favorire migliori condizioni economiche e sociali per le comunità.
Si tratta di gap che hanno ripercussioni pesanti anche sul mercato del lavoro. Un recente studio dell’Università di Trento conferma che nei prossimi 15 anni la quota di lavoratori e lavoratrici ad alto rischio di rimpiazzo tecnologico si attesterà tra il 33% (7,12 milioni di persone) e il 18% (3,87 milioni), se si considerano rispettivamente le professioni automatizzabili o le singole mansioni. In Italia le professioni ad alto rischi di automazione interessano i settori dei trasporti e della logistica; supporto d'ufficio o amministrativo, produzione, servizi e vendita.
In questo scenario intende intervenire il Fondo per la Repubblica Digitale attraverso due bandi "In progresso” e “Prospettive”, dedicati rispettivamente ad accrescere le competenze digitali dei lavoratori con mansioni a forte rischio sostituibilità a causa dell’automazione e dell’innovazione tecnologica e delle persone disoccupate e inattive.
Il bando “In progresso” promuove lo sviluppo delle competenze digitali dei lavoratori a forte rischio automazione, al fine di garantire le condizioni di permanenza nel mondo del lavoro e migliori opportunità professionali. C’è tempo fino al 4 agosto, per soggetti pubblici e privati senza scopo di lucro, per partecipare attraverso il portale Re@dy. Il bando prevede un totale di 10 milioni di euro.
Il Fondo promuove poi “Prospettive”, il bando dedicato ad accompagnare lo sviluppo delle competenze digitali di donne e uomini ai margini del mercato del lavoro – disoccupate/i e inattive/i, di età compresa fra i 34 e i 50 anni, per offrire loro migliori opportunità e condizioni di inserimento e permanenza nel mondo del lavoro.
C’è tempo fino al 14 luglio per presentare progetti sulla piattaforma Re@dy. Il bando mette a disposizione 20 milioni di euro per sostenere iniziative presentate da soggetti pubblici, privati senza scopo di lucro ed enti del terzo settore.
Per tutti i dettagli relativi alla partecipazione ai due bandi si può consultare il sito del Fondo per la Repubblica Digitale dove è possibile anche conoscere ed iscriversi ai prossimi webinar di presentazione in programma il 25-26 maggio e 6 e 9 giugno.
Per Giovanni Fosti, Presidente del Fondo Repubblica Digitale – Impresa sociale "Investire sul capitale umano per sperimentare, in maniera innovativa rispetto al passato, policy di intervento in favore delle fasce più fragili, significa impegnarsi per il futuro di tutta la società italiana. Crediamo sia importante sostenere il miglior accesso possibile al lavoro per tutti: giovani, donne, lavoratori a rischio. Ringrazio le Fondazioni di origine bancaria che sostengono questo importante progetto nazionale: essere uniti in questo obiettivo significa lavorare affinché la transizione digitale non diventi un’ulteriore forma di esclusione per il futuro del nostro Paese".
COS’È IL FONDO PER LA REPUBBLICA DIGITALE
Per accompagnare l’Italia verso la transizione digitale, ispirandosi all’innovativa e positiva esperienza di partnership tra pubblico e privato sociale del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, è nato il Fondo per la Repubblica Digitale, istituito con il decreto legge n. 152 del 6 novembre 2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 233 del 29 dicembre 2021. Si tratta di una partnership tra pubblico e privato sociale (Governo e Associazione di Fondazioni e di Casse di risparmio – Acri), che si muove nell’ambito degli obiettivi di digitalizzazione previsti dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e dall’FNC (Fondo Nazionale Complementare). In via sperimentale per cinque anni (fino al 2026) il Fondo stanzia un totale di 350 milioni di euro. Sarà alimentato da versamenti effettuati dalle Fondazioni di origine bancaria. Il Fondo pone un forte accento sulla valutazione d’impatto dei progetti finanziati. La valutazione mira ad individuare quei progetti che si dimostreranno più efficaci ed efficienti nell’accrescimento delle competenze digitali e nell’occupazione effettiva dei beneficiari. La valutazione di impatto è affidata al Comitato scientifico indipendente.