In questa rubrica ho avuto modo spesso di spiegare perché la pubblicità parla inglese: sintesi, estrema velocità di parole corte, modernità e innovazione (tutto il contrario del meraviglioso italiano, fatto di giri lunghissimi di parole, involuto e arcaico, spesso inadatto alla pubblicità).
Se a questo aggiungiamo un tema difficile come l’affido familiare, l’operazione di costruire campagne efficaci in Italia diventa ancora più complessa, perché il tema dell’affido ha bisogno di essere spiegato, nella sua complessità e nelle sue diverse caratteristiche.
Nelle campagne italiane che mi è capitato di incrociare si cerca infatti una empatia forzata sempre dalla solita prospettiva, sempre dalla parte del bambino; certo sono i bambini che chiedono, che hanno bisogno, ed è per questo che in pubblicità sul tema i bambini sorridono, si usano i cartoni animati e i disegnini… tutti artifici che nascondono una difficoltà di fondo, la difficoltà di chiamare le cose con il proprio “nome completo”.
L’affido è un istituto giuridico e di volontariato completamente diverso dall’adozione, non si può usare la parola “genitore” se non con difficoltà, il bambino deve essere salvaguardato nella sua integrità e nel suo essere già soggetto autonomo, eppure anche la centralità del bisogno dell’adulto va considerata, proprio perché le difficoltà nell’affido sono tante.
La campagna belga di questo mese (belga… del Belgio triste di Poirot e dei cavolini di Bruxelles ma anche Paese dalle grandi doti creative e di innovazione nei linguaggi) è in questo senso un esempio da seguire semplicemente, perchè ribalta la prospettiva con tre azioni semplici: parlando al target, parlando del bisogno, parlando chiaro.
Punto 1: parlando al target, a uomini e donne in carne e ossa che possono avere tempo di accogliere, mettendo le loro facce (parlo di loro, perché sono loro che devono capire).
Punto 2: parlando del bisogno (e qui sta il colpo di genio…) inserendo in una foto a bianco/nero un bambino a colori (la diversità come un valore, non come un limite), ma anche il bisogno della famiglia (loro sono il target)
Punto 3: parlando chiaro con una head-line diretta, senza “artificiosi italici girigogoli”: accogliere per un pò, aiutare per tutta la vita (accueillir un temps, aider pour la vie) è esattamente il senso profondo dell’affido familiare temporaneo, una corrispondenza di target e bisogni incrociati che (in questo atto, e in questa frase) trovano la loro sintesi perfetta.
Una campagna pubblicitaria non è mai una questione di lingua (il francese è involuto come e più dell’italiano…); una campagna pubblicitaria è soprattutto una questione di prospettiva.
Alla prossima, e… fate pubblicità!!!
Per ulteriori informazioni sulla campagna: http://www.lesfamillesdaccueil.be/
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