La pubblicità vende sogni… i sogni sono emozioni… le emozioni fanno felici le persone… le persone felici migliorano la società… Ergo: la pubblicità migliora la società. E quando la pubblicità fa cattiva pubblicità alla società?
Questo mese parleremo di una campagna su un’istanza che spesso viene taciuta, proprio per non fare cattiva pubblicità alla nostra società.
Sono passati 34 anni dalla Legge Basaglia del 1978, e ancora oggi 1.500 persone vivono ai margini della società, rinchiusi in luoghi che li anano e li nascondono alla vista del mondo, che li rendono “inoffensivi, innocui, incapaci di dare fastidio o rappresentare un pericolo”.
La campagna “Stop Opg” parla di un problema che soltanto apparentemente riguarda quelle 1.500 persone (sì, persone…), ma che in realtà coinvolge tutti noi individui; parla di un orrore che tutti possiamo comprendere, ma che solo 1.500 persone vivono sulla loro pelle.
In definitiva, questa campagna promuove la sensibilizzazione di tutti a farsi carico del problema di pochi; nell’immaginario di molti, la soluzione al problema di pochi potrebbe però tornare ad essere problema di tutti.
Per fortuna un movimento d’opinione lotta per mettere fine alla barbarie degli Opg, da solo contro la politica, la burocrazia, le indifferenze, con una campagna di vera sensibilizzazione, quando la sensibilità più comune è probabilmente di segno contrario, con una comunicazione complessa per il concept che esprime, e per le implicazioni morali, etiche e personali della sua reason why.
“Un volto un nome” è quindi una campagna veramente difficile, in tutti i sensi; è una campagna di dignità, di cittadinanza e di civiltà, eppure verrà vista e rifiutata da molte persone che (anche solo per paura) dimenticano questi valori.
E’ una campagna di grande impatto, soprattutto emotivo, che usa un’immagine adatta, se l’obiettivo è quello di colpire la fantasia di chi la vede e disorientarne i sensi. Ed è una campagna di coraggio, perché parla ad un target indifferente al problema oppure (peggio ancora) che ne ha paura, che se incontra un “matto” lo vorrebbe sapere rinchiuso.
La pubblicità migliora la società… e per fortuna in questa rubrica non posso e non devo fare considerazioni di tipo sociologico, ma solo di comunicazione (anche se niente come la comunicazione rende gli essere viventi individui sociali).
Torno quindi al mio mestiere, e in punta di lapis mi permetto di notare un elemento tecnico di comunicazione che avrebbe bisogno di maggiore chiarezza.
Opg è un acronimo per Ospedali psichiatrici giudiziari: questo concetto andrebbe messo in più chiara evidenza, scrivendolo per esteso.
Non è nascondendo il nome che si alleggerisce un problema (né accettando che altri lo nascondano), e non è cambiandogli nome che un problema sarà davvero risolto.
Le zone grigie consentono agli uomini senza coraggio di celarsi e perdersi, come nella più grigia nebbia. In questa bella campagna pubblicitaria sociale (sociale davvero…) le facce grigie non sono “loro”, siamo noi!!
Alla prossima e… fate pubblicità.