Anpas da qualche anno sta dedicando molto impegno alla comunicazione e alla promozione del volontariato, penso ad esempio al tuo lavoro sulla comunicazione dei volontari. Puoi spiegarci meglio il motivo e il senso di questa scelta?
Cinque anni fa Anpas si è fatta studiare dall’università (Scienze della Comunicazione - La Sapienza di Roma): ha ascoltato le criticità che emergevano dalla ricerca e ha agito di conseguenza, anche a livello organizzativo. Da allora stiamo costruendo un sistema di comunicazione diffuso su tutto il territorio, dove valorizzare professionalità e talenti presenti nel movimento. Un sistema attento a nuovi strumenti, linguaggi e a quello che è il nostro ‘capitale’ più prezioso: i volontari. Oltre a me che mi occupo della comunicazione esterna, c’è Mirco Zanaboni che è responsabile della comunicazione organizzativa interna e poi naturalmente c’è il nostro presidente Fausto Casini che è responsabile di tutta l’attività comunicativa di Anpas.
Recentemente sei diventato anche blogger di Vita e di Chefuturo proprio narrando ‘storie di volontari’…
Sì, ho la fortuna di far coincidere il lavoro con le mie passioni: faccio parte anche di Tulime, Shoot4change e scrivo per “Affrica”. Essere multitasking aiuta a fare tante esperienze diverse e spaziare in vari ambiti: dall’innovazione tecnologica alla cooperazione, dall’Africa al sociale. Spesso su Vita e Chefuturo riesco a scrivere di storie che incontro “frequentando” il mondo Anpas, soprattutto quelle storie quotidiane che mi raccontano i volontari.
Anpas, ma non solo, ha cominciato a fare una comunicazione più ‘narrativa’ - mi pare - soprattutto con il terremoto de L’Aquila. Ma è possibile raccontare storie di volontari fuori dall’emergenza?
Anpas non racconta l’emergenza: stiamo cercando di fare una narrazione sobria, credibile e a servizio delle persone con le quali condividiamo parte della nostra storia. In situazioni come il terremoto raccontiamo quello che passa per “emergenza” come l’ordinaria umanità che nasce dall’incontro tra volontari (che partono da tutta Italia) e la comunità colpita. Però le storie hanno un seguito e per noi non finiscono con la chiusura delle tendopoli. È per questo che ci siamo ritrovati a “dover” raccontare l’ordinarietà di una vera emergenza, quando per tutto il resto dell’informazione aveva cessato di esserla: il video “Questa è l’Aquila” è un racconto a tre anni dal terremoto. C’erano anche i nostri volontari che vivono ancora un’emergenza vera nella loro città. “Raccontare storie è il senso stesso del cammino dell’uomo. a racconta l’uomo più delle storie che l’uomo racconta su stesso”, dice Moni Ovadia. Il miglior marketing lo fanno i volontari sul campo, ogni giorno (e notte) con l’esempio. Lo fanno l’entusiasmo dei ragazzi nell’andare a spalare la neve dall’altra parte d’Italia. O le storie che, sul nostro spazio web Gente d’Anpas, racconta Aldo che a 70 anni ha scalato 100 volte il Gran Paradiso. Sono queste, alla fine, le storie che riescono a commuovere, nel senso di ‘cum-movere’.
Quanto sono utili i social network per avvicinare le persone al volontariato?
Creare connessioni tra online e offline è la sfida ed è uno degli ambiti su cui ancora c’è molto da fare, sperimentare ed esplorare. Come Anpas usiamo tanti social media, ma non per avere più follower o like sulle nostre pagine: stiamo cercando di renderli luoghi di condivisione e di partecipazione vera, aperti anche per chi non è volontario Anpas. Molti appassionati di social network si sono avvicinati al nostro movimento e ora ci aiutano a migliorare la nostra presenza sulla rete. Abbiamo fatto rete con Protezione Civica e Shoot4change e abbiamo raccontato il terremoto in Emilia con Instagram: è stata una narrazione nuova, di condivisione con altri volontari, anche di altre associazioni.
In quali altri modi Anpas promuove la partecipazione di nuovi volontari?
La partecipazione viene promossa principalmente dalle singole associazioni con campagne di comunicazione, corsi gratuiti di pronto soccorso e altre attività. All’indomani di ogni emergenza (e del nostro intervento) vediamo nascere nuove associazioni (in Abruzzo le Pubbliche assistenze in tre anni sono aumentate del 20%). E poi c’è un grande lavoro di rete con altre associazioni di volontariato. Ultimamente abbiamo fatto un evento a Bari nel quale 8 giovani presentavano 8 idee per cambiare il mondo: venivano dalla Giordania, dall’Egitto, dalla Striscia di Gaza… insieme faremo tanti progetti: stay tuned!
Cinque anni fa Anpas si è fatta studiare dall’università (Scienze della Comunicazione - La Sapienza di Roma): ha ascoltato le criticità che emergevano dalla ricerca e ha agito di conseguenza, anche a livello organizzativo. Da allora stiamo costruendo un sistema di comunicazione diffuso su tutto il territorio, dove valorizzare professionalità e talenti presenti nel movimento. Un sistema attento a nuovi strumenti, linguaggi e a quello che è il nostro ‘capitale’ più prezioso: i volontari. Oltre a me che mi occupo della comunicazione esterna, c’è Mirco Zanaboni che è responsabile della comunicazione organizzativa interna e poi naturalmente c’è il nostro presidente Fausto Casini che è responsabile di tutta l’attività comunicativa di Anpas.
Recentemente sei diventato anche blogger di Vita e di Chefuturo proprio narrando ‘storie di volontari’…
Sì, ho la fortuna di far coincidere il lavoro con le mie passioni: faccio parte anche di Tulime, Shoot4change e scrivo per “Affrica”. Essere multitasking aiuta a fare tante esperienze diverse e spaziare in vari ambiti: dall’innovazione tecnologica alla cooperazione, dall’Africa al sociale. Spesso su Vita e Chefuturo riesco a scrivere di storie che incontro “frequentando” il mondo Anpas, soprattutto quelle storie quotidiane che mi raccontano i volontari.
Anpas, ma non solo, ha cominciato a fare una comunicazione più ‘narrativa’ - mi pare - soprattutto con il terremoto de L’Aquila. Ma è possibile raccontare storie di volontari fuori dall’emergenza?
Anpas non racconta l’emergenza: stiamo cercando di fare una narrazione sobria, credibile e a servizio delle persone con le quali condividiamo parte della nostra storia. In situazioni come il terremoto raccontiamo quello che passa per “emergenza” come l’ordinaria umanità che nasce dall’incontro tra volontari (che partono da tutta Italia) e la comunità colpita. Però le storie hanno un seguito e per noi non finiscono con la chiusura delle tendopoli. È per questo che ci siamo ritrovati a “dover” raccontare l’ordinarietà di una vera emergenza, quando per tutto il resto dell’informazione aveva cessato di esserla: il video “Questa è l’Aquila” è un racconto a tre anni dal terremoto. C’erano anche i nostri volontari che vivono ancora un’emergenza vera nella loro città. “Raccontare storie è il senso stesso del cammino dell’uomo. a racconta l’uomo più delle storie che l’uomo racconta su stesso”, dice Moni Ovadia. Il miglior marketing lo fanno i volontari sul campo, ogni giorno (e notte) con l’esempio. Lo fanno l’entusiasmo dei ragazzi nell’andare a spalare la neve dall’altra parte d’Italia. O le storie che, sul nostro spazio web Gente d’Anpas, racconta Aldo che a 70 anni ha scalato 100 volte il Gran Paradiso. Sono queste, alla fine, le storie che riescono a commuovere, nel senso di ‘cum-movere’.
Quanto sono utili i social network per avvicinare le persone al volontariato?
Creare connessioni tra online e offline è la sfida ed è uno degli ambiti su cui ancora c’è molto da fare, sperimentare ed esplorare. Come Anpas usiamo tanti social media, ma non per avere più follower o like sulle nostre pagine: stiamo cercando di renderli luoghi di condivisione e di partecipazione vera, aperti anche per chi non è volontario Anpas. Molti appassionati di social network si sono avvicinati al nostro movimento e ora ci aiutano a migliorare la nostra presenza sulla rete. Abbiamo fatto rete con Protezione Civica e Shoot4change e abbiamo raccontato il terremoto in Emilia con Instagram: è stata una narrazione nuova, di condivisione con altri volontari, anche di altre associazioni.
In quali altri modi Anpas promuove la partecipazione di nuovi volontari?
La partecipazione viene promossa principalmente dalle singole associazioni con campagne di comunicazione, corsi gratuiti di pronto soccorso e altre attività. All’indomani di ogni emergenza (e del nostro intervento) vediamo nascere nuove associazioni (in Abruzzo le Pubbliche assistenze in tre anni sono aumentate del 20%). E poi c’è un grande lavoro di rete con altre associazioni di volontariato. Ultimamente abbiamo fatto un evento a Bari nel quale 8 giovani presentavano 8 idee per cambiare il mondo: venivano dalla Giordania, dall’Egitto, dalla Striscia di Gaza… insieme faremo tanti progetti: stay tuned!