Le malattie mentali possono colpire chiunque, a qualsiasi età. Il termine “malattie mentali” copre una vasta gamma di disturbi che possono essere più o meno invalidanti, dalla schizofrenia alla depressione. Secondo l'Oms-Organizzazione Mondiale della Sanità - tra 10 anni la depressione colpirà più di qualsiasi altra malattia e sarà l'onere sanitario più pesante, tanto da un punto di vista economico che sociale.
In Toscana circa il 30% della popolazione - 50% delle famiglie – è affetta da una qualche forma di malattia mentale. Perché, allora, se ne parla ancora così poco e quando se ne parla riguarda solo “altri”? Perché molti sofferenti psichici e le loro famiglie nascondono i disturbi e si vergognano di accedere ai servizi pubblici di salute mentale?
Lo stigma - il marchio che bolla i sofferenti psichici e li emargina socialmente - è prodotto da ignoranza e disinformazione e impedisce l'accesso a cure tempestive e il recupero della salute. L'idea di cronicità e inguaribilità, che era alla base del manicomio, è ancora molto forte non solo nell'immaginario collettivo ma anche nei servizi e nella pratica professionale di molti operatori e periodicamente torna anche nelle proposte di legge.
Chi parte dal presupposto dell'inguaribilità pone l'accento sulla necessità di tenere i sintomi sotto controllo con i farmaci e quindi privilegia la componente sanitaria dei servizi. La vita delle persone con sofferenza psichica è scandita dai medicinali, dalle visite dello psichiatra, dai lunghissimi tempi di attesa nelle sala d'aspetto degli ambulatori. Nessuna responsabilità per nessuno: il paziente deve soltanto prendere le dosi prescritte giorno dopo giorno. I familiari controllano che i comportamenti siano accettabili, il medico e gli infermieri se il paziente è “collaborante”.
La psichiatria di comunità, invece, rifiuta il concetto di cronicità, ridimensiona quello di inguaribilità e afferma il concetto di “guarigione sociale” che non è guarigione ‘clinica' e assenza di malattia ma vita dignitosa: è casa, lavoro, relazioni sociali, pur nella malattia.
La diagnosi precoce e la cura tempestiva sono di vitale importanza. E' un luogo comune che il malato psichico non possa guarire: secondo l'Oms circa un terzo delle persone affette da schizofrenia - la forma più grave di malattia mentale – guarisce. Tutti possono migliorare la qualità della vita attraverso percorsi riabilitativi basati sull'inclusione sociale.
Le malattie mentali sono malattie come le altre e possono essere tenute “a bada”. Come i cardiopatici o i diabetici, le persone affette da disturbi psichici possono aver bisogno di medicinali e sostegno professionale per lunghi periodi della loro vita ma, allo stesso tempo, devono poter vivere una vita fatta di affetti, lavoro, socialità.
Negli ultimi anni la riabilitazione psichiatrica si è molto rinnovata grazie ai gruppi di auto-aiuto, alle associazioni dei familiari e, più recentemente, alle associazioni fondate dagli stessi sofferenti psichici. In Toscana esistono due importanti realtà del volontariato di salute mentale: il Coordinamento toscano delle associazioni per la salute mentale, costituito da trenta associazioni distribuite su tutto il territorio regionale, e la Rete Regionale degli Utenti Psichiatrici che promuove l'autodeterminazione dei sofferenti psichici.
La rivoluzione basagliana è ancora lontana dal compiersi ma i presupposti – almeno normativi - ci sono tutti. Ci sono importanti leggi e ordinamenti, come quello della Regione Toscana, che pone la persona al centro di un percorso di cura che vede la sinergia di molti soggetti e l'integrazione dei servizi socio-sanitari. Purtroppo, però, ci sono ancora tante carenze, soprattutto a livello locale.
C'è bisogno di medici, infermieri, assistenti sociali e soprattutto educatori, adeguatamente formati al lavoro in èquipe e alla relazione d'aiuto; di progetti riabilitativi individuali personalizzati, condivisi, sottoposti a verifiche periodiche e soprattutto che coinvolgano risorse e soggetti diversi: la persona che soffre di disturbi psichici, il dipartimento di salute mentale, le organizzazioni di volontariato, la famiglia, gli enti locali. Il ruolo di questi ultimi è cruciale, sebbene spesso disatteso: gli enti locali, infatti, devono contribuire a creare le condizioni che facilitino l'autonomia abitativa e lavorativa con scelte politiche e progettuali innovative.
Per fare ciò sono necessarie risorse economiche ma molto si può fare anche solo con capacità progettuali e operative: promuovendo, ad esempio, sinergie fra pubblico e privato, facilitando il lavoro di chi si dedica all'inclusione sociale. E poi ci sono le famiglie che spesso non sanno cosa fare e si trovano a vivere tra vicini di casa, conoscenti, cittadini che hanno paura e non sanno andare oltre apparenze e stereotipi. La tentazione è quella di isolarsi, mentre per essere d'aiuto a se stessi e ai propri cari bisogna ‘associarsi', ‘esserci' insieme, sempre più numerosi.
Ma la vera scommessa è potenziare la consapevolezza e le risorse personali di chi soffre di disturbi psichici: credere in se stessi, conoscere i propri diritti, accettare i propri limiti, saper chiedere aiuto e, soprattutto, vedere il proprio bisogno insieme ai bisogni degli altri, essere persone in mezzo ad altre persone. Se le persone affette da disturbi psichici staranno meglio e peseranno meno sulla collettività, la nostra comunità sarà un posto migliore per tutti.
Kira Pellegrini è presidente dell'associazione Oltre l'orizzonte, Pistoia.
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