Spesso in questa rubrica ho ricordato che i professionisti della comunicazione devono avere a cuore le associazioni alle quali forniscono prodotti di comunicazione (dal logo all’immagine coordinata, ai depliant agli spot). Non essendo coinvolti direttamente (o anche se lo fossero) i comunicatori devono riuscire a dare una valutazione obiettiva dei prodotti di comunicazione, avendo il coraggio di dare giudizi di valore sia positivi che negativi (brutto–bello oppure chiaro–confuso, completo-incompleto ma soprattutto efficace-inefficace).
Le associazioni, a loro volta, devono chiedere ai professionisti la condivisione dei propri valori e della propria mission, la capacità di calarsi professionalmente nel loro quotidiano, di tradurre in messaggio efficace gli obiettivi di comunicazione che le associazioni stesse si danno.
Soprattutto, le associazioni devono chiedere ai professionisti di dare continuità al loro contributo professionale, di fare da memoria storica dei materiali e dei linguaggi tenendo un archivio delle produzioni e degli strumenti, anche per tanti anni; questi prodotti grafici e tipografici, queste immagini, questi materiali saranno infatti fondamentali perchè le associazioni si innamorano sempre dei loro loghi, dei loro colori di riferimento, delle loro parole-chiave.
Siamo certi che molte associazioni possono contare sull’apporto di tanti comunicatori (dilettanti o professionisti) e di tanti fornitori (su tutti la categoria dei tipografi) che a vario titolo e con impegno sempre costante forniscono prodotti e servizi, talvolta gratuiti (e di grande qualità).
In questa rubrica mai abbiamo fatto nomi di professionisti, ma ciò che vi andrò raccontando non può esimersi dal farne, per quanto è densa la carica simbolica proprio in relazione al rapporto tra professionisti e associazioni, e volendo con questo ringraziare i miei colleghi per tutto il loro impegno verso il volontariato (quasi sempre proprio in forma volontaria).
A metà degli anni ’90 una piccola associazione di Pistoia che si occupa di benessere psichico, “Oltre l’orizzonte”, si inventa (come spesso accade) un concorso con le scuole superiori per l’ideazione del marchio dell’associazione.
Un giovanissimo studente, Fabrizio Pierozzi, vince il concorso con il disegno di un cavallo ed un orizzonte ancora ingenuo (ma potente ed evocativo); orizzonte e cavallo diventano il logo dell’associazione per oltre 15 anni, forti a tal punto che quando in un incontro di consulenza al Cesvot sulla comunicazione, propongo la possibilità di cambiarlo e ringiovanirlo quasi rifiutano l’idea, anche nel nome di quel ragazzino.
Decidiamo di ritrovarlo quel ragazzino, e scopriamo che Fabrizio oggi è un professionista di comunicazione nel campo del design; quando l’associazione lo contatta, Fabrizio si rimette a disposizione e rifà il logo, non tanto con un semplice nuovo “disegnino”, ma con proposte, concetti, segni e stimoli professionalmente validi e di grande qualità.
La stessa passione, la stessa condivisione, la stessa empatia che da ragazzino lo aveva fatto partecipare in modo quasi inconsapevole alla costruzione di una identità associativa è confermata oggi dalla volontà di continuare a stare nel mondo del volontariato, ma con la professionalità adulta di un mestiere vero.
Bravo Fabrizio, così si fa.
Alla prossima, e… fate pubblicità!!!
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