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"No decisions without us": la recensione della nuova campagna di Coordown

Le persone con disabilità vogliono essere nei luoghi dove si prendono le decisioni.

Ci risiamo: 21 marzo, primo giorno di primavera, l’equinozio, la Giornata Mondiale sulla sindrome di Down… e lo spot del Coordown.

Per la quinta volta dal 2010, da quando cioè ho iniziato a recensire (con molta umiltà) i lavori dei miei colleghi sulle campagne sociali, mi ritrovo a proporre una riflessione su uno spot realizzato per l’organismo ufficiale che, da quasi 40 anni, si confronta con tutte le Istituzioni sulle questioni e i diritti delle persone con la sindrome di Down, per farne conoscere le potenzialità, passando per i temi dell’inclusione e della condivisione di esperienze associative, fino alla messa in atto di strategie comuni rispetto a problemi politici condivisi.

L’anno scorso, in occasione della campagna “Assume that I can, so maybe I will” (pensa che io sia capace di farlo, così forse lo sarò) scrivevo che la forza del Coordown in pubblicità è data dall’intuizione e dalla qualità scelta per il prodotto pubblicitario, dal peso specifico del Coordinamento e dei partner coinvolti, dall’essere diventato punto di riferimento “in casa”, e dall’aver posizionato il tema (ed il suo trattamento) in un’area “oltre”. In poche parole, dall’uso della leva pubblicitaria come un brand profit (forse anche meglio).

La campagna 2025 si intitola “No decision without us” (non si decide senza di noi), un vero e proprio musical originale che coinvolge persone con sindrome Down, ma anche persone con altre disabilità (una persona piccola, un sordo, un cieco, ed altri) che chiedono - ma non implorano - di essere ascoltati, che impongono la loro presenza nelle stanze dove si decide del loro futuro, che puntano il focus sulla vera inclusione.

Non è la prima volta che Coordown ne parla, ma questa volta la trasversalità dell’inclusione è assoluta, come se, in termini di marketing profit, si fosse deciso di uscire dalla “category zone” (la tutela del tema diretto) per sostenere altre istanze legittime, contaminando così tutto il “comparto” ed i suoi “distretti” con una ostinazione cocciuta, un linguaggio coraggioso e diretto, azioni ad alto potenziale e di respiro internazionale (dall’Italia all’Australia, giro giro fino al Canada). 

Se poi metti insieme una attrice di “Grey’s anatomy” (mamma di una bambina con sindrome di Down e portavoce della Global Down Syndrome Foundation) e la consueta serie di collaborazioni professionali, porti sempre a casa il risultato, e riesci a coinvolgere anche soggetti come Fondazione Cariplo e Primark a partecipare (con molto garbo istituzionale e visivo).

In questo caso, però, una strategia pubblicitaria efficace ha nel committente il protagonista decisivo: complimenti quindi come sempre a Coordown ed a Martina Fuga, la sua presidente, per la visione, per l’uso dello strumento narrativo e per la costanza di usare la pubblicità non come un obbligo istituzionale, ma come una opportunità culturale.

Alla prossima, e fate pubblicità.

P.s. 

Mi ha ricordato la scena del brano This is me dal film “The greatest showman”, e l’assonanza mi sembra che ci stia tutta, dove il circo vero è quello che c’è fuori dal tendone.

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