L'associazione San Benedetto ha inaugurato a Livorno nel 2006 un centro di accoglienza per giocatori patologici. Come è nata l'idea?
L'idea nasce da un percorso di formazione sulle dipendenze “senza sostanze” - avviato grazie anche al contributo di Cesvot - e dall'osservazione, in vari ambiti sociali, che il gioco rappresentava per alcune persone un vero e proprio problema a carattere compulsivo. Un problema per le persone affette da gap (gioco d'azzardo patologico) ma anche per i familiari. Abbiamo così iniziato a chiederci se non fosse utile aprire un percorso di cura ad hoc per aiutare persone bisognose con questi disturbi. Il 'come' è venuto con il contributo di tutto lo staff dell'associazione che da molti anni si occupa di comportamenti patologici legati a vecchie e nuove dipendenze. L'associazione, infatti, è attiva a Livorno dal 1985 e da allora si è sempre occupata di dipendenze.
Quali servizi offrite?
Offriamo un percorso terapeutico personalizzato rivolto ai giocatori e/o ai loro familiari che prevede colloqui individuali, gruppi di sostegno e consulenza legale. Attualmente è attivo un gruppo di sostegno che si incontra una volta alla settimana. Tutti i nostri servizi sono gratuiti ed è garantito l'anonimato.
Ad oggi quante persone si sono rivolte al Centro?
Dal 2006 ad oggi abbiamo preso in carico 75 persone di cui 14 donne e 61 uomini. Le persone che attualmente seguono un percorso terapeutico continuativo sono 10 (2 donne e 8 uomini); 7 persone partecipano al gruppo terapeutico, oltre che agli incontri individuali. Con 3 persone è in atto anche un intervento con le relative famiglie. Le caratteristiche delle persone che si rivolgono al nostro Centro sono eterogenee: per le donne si va dalla casalinga all'impiegata con un scolarità che arriva alla scuola media inferiore. Per gli uomini si va dallo studente al pensionato con un livello di scolarizzazione che arriva fino al diploma di scuola superiore.
Quali problematiche vivono i giocatori patologici e le loro famiglie?
Da un punto di vista psicologico le problematiche sono inquadrabili in sindromi ansiose-depressive, per alcuni c'è una patologia psichiatrica conclamata. La famiglia vive difficoltà economiche causate dall'indebitamento del gioco che provocano una forte conflittualità e che in molti casi portano alla separazione.
In che modo collaborate con i servizi territoriali?
Il Sert dell'Asl di Livorno è il nostro principale interlocutore, con il quale nel 2009 e nel 2010 abbiamo sviluppato un progetto finanziato dalla Regione Toscana per l'accoglienza e cura dei soggetti affetti da gap.
Quando il gioco diventa una dipendenza patologica?
Secondo la nostra esperienza, il gioco d'azzardo diventa problematico nelle persone che hanno una forte vulnerabilità psicologica per le dipendenze; diventa una vera e propria dipendenza nel momento in cui la persona è invasa dalla necessità di cercare ogni giorno di rifarsi dalla perdita. Ciò la porta ad indebitarsi oltremodo e a perdere la dimensione reale del rischio.
L'idea nasce da un percorso di formazione sulle dipendenze “senza sostanze” - avviato grazie anche al contributo di Cesvot - e dall'osservazione, in vari ambiti sociali, che il gioco rappresentava per alcune persone un vero e proprio problema a carattere compulsivo. Un problema per le persone affette da gap (gioco d'azzardo patologico) ma anche per i familiari. Abbiamo così iniziato a chiederci se non fosse utile aprire un percorso di cura ad hoc per aiutare persone bisognose con questi disturbi. Il 'come' è venuto con il contributo di tutto lo staff dell'associazione che da molti anni si occupa di comportamenti patologici legati a vecchie e nuove dipendenze. L'associazione, infatti, è attiva a Livorno dal 1985 e da allora si è sempre occupata di dipendenze.
Quali servizi offrite?
Offriamo un percorso terapeutico personalizzato rivolto ai giocatori e/o ai loro familiari che prevede colloqui individuali, gruppi di sostegno e consulenza legale. Attualmente è attivo un gruppo di sostegno che si incontra una volta alla settimana. Tutti i nostri servizi sono gratuiti ed è garantito l'anonimato.
Ad oggi quante persone si sono rivolte al Centro?
Dal 2006 ad oggi abbiamo preso in carico 75 persone di cui 14 donne e 61 uomini. Le persone che attualmente seguono un percorso terapeutico continuativo sono 10 (2 donne e 8 uomini); 7 persone partecipano al gruppo terapeutico, oltre che agli incontri individuali. Con 3 persone è in atto anche un intervento con le relative famiglie. Le caratteristiche delle persone che si rivolgono al nostro Centro sono eterogenee: per le donne si va dalla casalinga all'impiegata con un scolarità che arriva alla scuola media inferiore. Per gli uomini si va dallo studente al pensionato con un livello di scolarizzazione che arriva fino al diploma di scuola superiore.
Quali problematiche vivono i giocatori patologici e le loro famiglie?
Da un punto di vista psicologico le problematiche sono inquadrabili in sindromi ansiose-depressive, per alcuni c'è una patologia psichiatrica conclamata. La famiglia vive difficoltà economiche causate dall'indebitamento del gioco che provocano una forte conflittualità e che in molti casi portano alla separazione.
In che modo collaborate con i servizi territoriali?
Il Sert dell'Asl di Livorno è il nostro principale interlocutore, con il quale nel 2009 e nel 2010 abbiamo sviluppato un progetto finanziato dalla Regione Toscana per l'accoglienza e cura dei soggetti affetti da gap.
Quando il gioco diventa una dipendenza patologica?
Secondo la nostra esperienza, il gioco d'azzardo diventa problematico nelle persone che hanno una forte vulnerabilità psicologica per le dipendenze; diventa una vera e propria dipendenza nel momento in cui la persona è invasa dalla necessità di cercare ogni giorno di rifarsi dalla perdita. Ciò la porta ad indebitarsi oltremodo e a perdere la dimensione reale del rischio.