Storie

L'abuso di alcol nasce da un imbroglio

Parla Filippo studente fiorentino e volontario di Testa di Alkol

L’alcol è oggi la causa del 25% della mortalità giovanile soprattutto a causa degli incidenti stradali. L’associazione fiorentina Generazioni contatti nasce proprio per sensibilizzare i giovani ad un consumo consapevole dell’alcol. Per saperne di più abbiamo intervistato Filippo, studente di 21 anni e volontario dell’associazione.

Come ti sei avvicinato all’associazione e cosa ti ha spinto ad impegnarti in TestadiAlkol?

Ho conosciuto questa associazione al liceo; Matteo Lucherini, il presidente dell’associazione, aveva creato dei contatti con il giornale scolastico e iniziai così la collaborazione, seguendo l’esempio di altri miei compagni. Non saprei spiegare cosa mi ha portato ad appassionarmi, ma man mano la convinzione è aumentata. Ho riflettuto sempre più su questa tematica e mi piaceva il modo con cui Matteo la poneva. Quello del volontariato oltretutto è un mondo educativo, orientato alla formazione e alla diffusione di conoscenza: diffondere metodi ed esperienze, apprendere memorie ed insegnamenti, costruire un laboratorio di idee… è assolutamente affascinante.

“TestadiAlkol” nasce per coinvolgere e sensibilizzare i giovani sul tema dell’abuso di alcol. In che modo lo fate?

Uno dei motivi del fascino di TestadiAlkol sta nel porsi in una maniera inedita, oserei dire ‘stramba’: si presenta come una sorta di brand. Molte altre associazioni si mostrano ancora partendo dalla memoria di uno cari dei fondatori, oppure tentando un approccio severo, scuro; Generazioni Contatti ed il progetto TestadiAlkol hanno invece sviluppato l’approccio ‘modaiolo’ e si presentano più come un’associazione dello spettacolo, evidenziando il contributo dei giovani e delle persone famose. La differenza più grande sta nel modo di trattare le tematiche nefaste relative alla componente della morte: ad esempio, la mascotte dal teschio deforme ricorda le immagini violente delle altre campagne, però ha colore e caricatura che, come maschere di un ognissanti messicano, tentano di esorcizzarla e di imprimerla nella testa degli spettatori non attraverso un impatto improvviso, ma in maniera subdola, subliminale. Lo spettatore deve sentirsi provocato: può ridere e mostrare un’aria di sufficienza ma se siamo riusciti ad impiantargli nel cervello il seme dell’inquietudine, che lo porta a realizzare di essere stato buggerato dalla società, dalle compagnie e da tanti altri… abbiamo fatto il nostro lavoro.



Quali sono le principali difficoltà e resistenze che incontrate nelle vostre attività e iniziative?

Non abbiamo mai incontrato una vera e propria dimostrazione di ostilità; certo lavorare in questo campo non è facile, devi catturare prima l’attenzione della gente e poi la dedizione, e anche l’affetto. Si possono incontrare resistenze a più livelli: nel dialogo tra enti e organizzazioni e con la gente. Sappiamo che chi lavora in politica o in amministrazioni pubbliche ha molti impegni e non può ricevere o ascoltare tutti; in ogni caso, dobbiamo farci sentire. Un’altra resistenza la incontriamo talvolta nel pubblico. Sono sicuro che non c’è cattiveria: oggi non mancano ovunque le distrazioni ed è comprensibile che molti non si fermino ai nostri stand. Probabilmente c’è anche chi ci snobba ma perché farne un dramma? Impegnandosi e comportandosi con gentilezza i risultati arrivano anche dopo le prime difficoltà.

campagna_seguidiebevi

A tuo avviso, in cosa ‘sbagliano’ gli adulti quando cercano di parlare ai giovani di abuso di alcol, guida pericolosa… Quale è, secondo te, l’approccio che proprio non funziona?!

Secondo me le campagne che utilizzano immagini esplicitamente crude possono essere ignorate, poiché si può trascurare un messaggio violento se non lo si collega alla propria realtà; oppure perché spesso si cammina di fretta e la trentesima volta che vediamo il poster “Se bevi e guidi muori” con scritta su sfondo lapide, si fa spallucce o lo si ignora; non si connette la propria mente all’esperienza del lutto e della sofferenza. Vorremmo provocare i nostri spettatori, far capire loro che le problematiche dell’abuso di sostanze nascono da un imbroglio: qualcuno inganna qualcun altro garantendo un rimedio immediato per le delusioni o le mancanze emotive. In realtà quel rimedio distrugge o disturba il consumatore senza che lui diventi conscio di ciò o arrivi ad ammetterlo. Questo metodo può funzionare sui giovani perché può colpirli dove fa male: nell’orgoglio, nella sensazione di controllo; se facciamo capire loro che qualcuno li sta prendendo in giro, penso che potremmo convincerli a cambiarli idea. Non sono stato ancora smentito su questo e francamente spero che non succeda.
×