L’economia del profitto, del consumo, dei rifiuti, della distruzione ambientale, dell’ingiustizia e della “depressione” ha i giorni contati. Non i secoli, come qualcuno, più pessimista, direbbe.
Nelle storie dell'economia solidale, nei modelli che queste rappresentano, c’è il seme dell’alternativa a questo sistema, che ha ampiamente mostrato i suoi limiti. Un sistema che continua a fare danni - e non pochi - ma che va lentamente a scomparire. Un sistema che ormai fa parte del passato, mentre a noi interessa il futuro.
Contro questo sistema, da anni, è in atto un’inesorabile ribellione. È quella di migliaia di cittadini, in Italia come nel mondo, che hanno deciso di smettere di lamentarsi e di iniziare a costruire qualcosa di nuovo, qualcosa che prima non c'era. E adesso è tangibile, è attuale.
Una ribellione non violenta, festosa e piacevole. Fatta da persone che non accettano più l’imposizione consumistica, che detta le regole del gioco della nostra vita: che cosa dobbiamo comprare, quanto, a quale prezzo. Che ci dice quali sono i nostri gusti, come dobbiamo vestirci, che cosa dobbiamo mangiare. Quanto dobbiamo lavorare, e quanto guadagnare. A chi vanno i soldi, e a chi il sudore.
Un sistema che minaccia la nostra salute.
Il cuore di questa ribellione sta in una parola: relazione. È possibile fondare l’economia sulle relazioni, e non sul profitto? Ecco la scommessa, ed è una scommessa vinta, seppur a fatica. Contro l’individualismo imperante, la rivoluzione sta nella condivisione, nelle relazioni, nella gratuità e nelle reti.
Non più produttori, distributori, consumatori, ma cittadini con un volto, delle idee, delle aspirazioni, delle aspettative e dei valori. Volti che si incontrano, mani che si stringono, storie che si incrociano e che si legano tra loro sulla base di una parola che - in questo sistema obsoleto - non avrebbe senso: fiducia. Il futuro dell’economia è questo: fiducia, incontro, confronto.
I gruppi di acquisto solidali, le reti, le cooperative, le Botteghe del commercio equo, i distretti di economia solidale, questo hanno in comune: non di visionari si tratta, ma persone che amano guardare lontano.
Quanto è grande questo “popolo” dell’economia solidale?
Non è massa. La storia dei Gas è ormai decennale, come quella del commercio equo e dei consumatori “critici” italiani, eppure, il movimento coinvolge ancora solo alcune centinaia di migliaia di persone.
Poche, se confrontate coi numeri del sistema: centri commerciali, autostrade, templi del consumismo. Ma moltissime, se commisurate alla grande capacità evocativa, al fascino che queste esperienze esercitano, alle sfide che hanno posto al sistema economico e all’impatto che su questo hanno avuto: non in termini numerici, ma costringendo multinazionali e grande distribuzione a fare i conti con la domanda di biologico, di filiera corta, di sostenibilità, di trasparenza.
Parole che ormai sono patrimonio di tutti.
Pietro Raitano è direttore di Altreconomia.
Nelle storie dell'economia solidale, nei modelli che queste rappresentano, c’è il seme dell’alternativa a questo sistema, che ha ampiamente mostrato i suoi limiti. Un sistema che continua a fare danni - e non pochi - ma che va lentamente a scomparire. Un sistema che ormai fa parte del passato, mentre a noi interessa il futuro.
Contro questo sistema, da anni, è in atto un’inesorabile ribellione. È quella di migliaia di cittadini, in Italia come nel mondo, che hanno deciso di smettere di lamentarsi e di iniziare a costruire qualcosa di nuovo, qualcosa che prima non c'era. E adesso è tangibile, è attuale.
Una ribellione non violenta, festosa e piacevole. Fatta da persone che non accettano più l’imposizione consumistica, che detta le regole del gioco della nostra vita: che cosa dobbiamo comprare, quanto, a quale prezzo. Che ci dice quali sono i nostri gusti, come dobbiamo vestirci, che cosa dobbiamo mangiare. Quanto dobbiamo lavorare, e quanto guadagnare. A chi vanno i soldi, e a chi il sudore.
Un sistema che minaccia la nostra salute.
Il cuore di questa ribellione sta in una parola: relazione. È possibile fondare l’economia sulle relazioni, e non sul profitto? Ecco la scommessa, ed è una scommessa vinta, seppur a fatica. Contro l’individualismo imperante, la rivoluzione sta nella condivisione, nelle relazioni, nella gratuità e nelle reti.
Non più produttori, distributori, consumatori, ma cittadini con un volto, delle idee, delle aspirazioni, delle aspettative e dei valori. Volti che si incontrano, mani che si stringono, storie che si incrociano e che si legano tra loro sulla base di una parola che - in questo sistema obsoleto - non avrebbe senso: fiducia. Il futuro dell’economia è questo: fiducia, incontro, confronto.
I gruppi di acquisto solidali, le reti, le cooperative, le Botteghe del commercio equo, i distretti di economia solidale, questo hanno in comune: non di visionari si tratta, ma persone che amano guardare lontano.
Quanto è grande questo “popolo” dell’economia solidale?
Non è massa. La storia dei Gas è ormai decennale, come quella del commercio equo e dei consumatori “critici” italiani, eppure, il movimento coinvolge ancora solo alcune centinaia di migliaia di persone.
Poche, se confrontate coi numeri del sistema: centri commerciali, autostrade, templi del consumismo. Ma moltissime, se commisurate alla grande capacità evocativa, al fascino che queste esperienze esercitano, alle sfide che hanno posto al sistema economico e all’impatto che su questo hanno avuto: non in termini numerici, ma costringendo multinazionali e grande distribuzione a fare i conti con la domanda di biologico, di filiera corta, di sostenibilità, di trasparenza.
Parole che ormai sono patrimonio di tutti.
Pietro Raitano è direttore di Altreconomia.