Mi pare che sia il tempo in cui le scelte economico-finanziarie sono prevalenti ed egemoni ma spesso scollegate dal benessere degli individui e dalla giustizia sociale.

E' un tempo in cui anche il volontariato soffre nel definire le sue cornici di pensiero e nel trattegiare il suo cammino futuro.

Siamo tutti un po' vittime del consumismo e della globalizzazione che hanno cambiato gli scenari dei governi nazionali e del governo mondiale; abbiamo subito i cambiamenti ed i condizionamenti senza aver avuto una sufficiente capacità di rielaborazione, culturale e politica.

Siamo divenuti allora una società impaurita che si è chiusa, che ha timore di tutto: di innovarsi, di dare spazio ai giovani, di immaginare il futuro. Una società anziana e non solo generazionalmente.

E il volontariato è rimasto lì, a fare tante cose importanti, fondamentali, ma senza un pensiero capace di mobilitare attenzione, senza la capacità di incidere davvero sulla disgregazione sociale in atto.

Ed allora non possiamo non chiederci quali siano le motivazioni per cui, malgrado siamo così tanti, siano in crescita la marginalità sociale, il razzismo, l'intolleranza, la violenza nei confronti delle persone più deboli.

Cosa ci stiamo a fare, allora?