Nel nostro Paese, nonostante i dati del Ministero degli Interni evidenzino un calo drastico degli sbarchi nel 2018 rispetto al 2016 (-83,48%) e rispetto al 2017 (-79,75%), gli italiani continuano a sovrastimare la presenza degli stranieri. Come spiega uno studio condotto dall’Istituto Cattaneo sui dati Eurobarometro, gli italiani percepiscono una presenza di stranieri pari al 25%, quando il dato reale è 7%. Si tratta dell'errore di percezione più alto tra tutti i Paesi dell'Unione Europea.
In Europa, infatti, a fronte di un 7,2% di immigrati non-Ue presenti “realmente” negli Stati europei, gli intervistati ne stimano il 16,7%. L'errore di percezione è più frequente nei contesti urbani, tra i cittadini che hanno un'istruzione più bassa e svolgono lavori manuali.
Inoltre all’aumentare dell’ostilità verso gli immigrati, aumenta anche l’errore nella valutazione sulla presenza di immigrati nel proprio Paese. La percezione della presenza degli stranieri risente molto della disinformazione e delle rappresentazioni mediatiche allarmistiche che contribuiscono a sviluppare diffidenza nei confronti dei cittadini di origine straniera. E’ qui che la formazione degli operatori e dei mediatori linguistico-culturali gioca un ruolo fondamentale nel percorso di accoglienza e di inclusione.
Sergio Bontempelli e Giuseppe Faso sottolineano nel volume “Accogliere rifugiati e richiedenti asilo”, pubblicato da Cesvot, lavorare in modo professionale non basta: è importante interagire all’interno di una équipe preparata e multidisciplinare. La mediazione culturale agevola il processo di inclusione dei migranti e la scuola è tra le prime istituzioni che si sono servite di questa figura professionale in quanto ha l’importante funzione di mediazione e formazione dei “nuovi cittadini”.
Tuttavia, anche in ambito scolastico, molto rimane da fare a sostegno dei processi di integrazione. Una ricerca promossa dalla Rete G2 Seconde Generazioni, con il contributo di Unar, su “Le seconde generazioni tra mondo della formazione e mondo del lavoro” denuncia che gli studenti italiani tendono ad iscriversi ai licei con la prospettiva di andare all’università ed entrare a far parte della classe dirigente del Paese, mentre i giovani delle seconde generazioni - a parità di voti - si iscrivono soprattutto negli istituti professionali e non accedono all’istruzione universitaria.
Come si legge nelle conclusioni della ricerca, “l’alto numero di figli di immigrati iscritti agli istituti tecnici è dovuto in parte alla loro condizione di italiani con il permesso di soggiorno. Tale condizione, infatti, determina la scelta di percorsi di formazione che accelerino la ricerca del lavoro al termine degli studi superiori".
Infine, dallo studio della Rete G2 emerge che nella decisione dei figli di migranti di frequentare istituti professionali è fondamentale il ruolo degli insegnanti delle scuole medie inferiori nel consigliare e indirizzare la scelta dei genitori. Nella maggior parte dei casi, gli alunni di seconda generazione sono stati indirizzati verso gli istituti tecnici e i corsi professionali proprio dai loro insegnanti delle scuole medie.