Cucire e riparare abiti, creare oggetti con tessuti e scampoli di ogni tipo. Questo fanno le donne delle Sartorie Solidali di Auser Toscana ma non solo. Per saperne di più abbiamo chiesto alla coordinatrice del progetto di spiegarci meglio... Come è nata l’idea delle Sartorie Solidali e quali sono i vostri obiettivi?
Un gruppo di donne dello Spi-Cgil di Vaiano, per combattere la solitudine e per rendersi utili agli altri, decisero di mettersi insieme. Diverse idee cominciarono a circolare, ma una soprattutto raccolse i più entusiastici consensi: lavorare per i bimbi del terzo mondo. E così nacque la prima sartoria. Le sartorie rappresentano un luogo d’inclusione sociale e hanno uno scopo solidaristico. Il ricavato dell’opera volontaria è infatti devoluto a progetti di sostegno alle popolazioni in aree di crisi, in Italia e nel mondo. Con le sartorie riusciamo anche a tramandare il sapere valorizzando i piccoli lavori fatti dalle mani esperte delle nostre donne, che in alcuni casi si possono considerare “arte antica”.
Quante sono ad oggi le sartorie in Toscana e quante donne coinvolgono complessivamente?
Le sartorie in Toscana sono 51, organizzate in tutte le province, e coinvolgono circa 800 volontarie. Questi numeri sono riferiti alle sartorie strutturate in modo permanente, senza contare le volontarie che offrono il loro tempo solo per alcuni eventi periodici.
Ci può spiegare in dettaglio che tipo di attività svolgono le sartorie e in che modo è organizzato il lavoro in una sartoria ‘tipo’?
L'attività che le sartorie svolgono è di grande qualità, è creativa e varia: eseguiamo lavori di cucito, abiti per rievocazioni storiche, biancheria, accessori per la casa e personali, ricamo, maglia, uncinetto, pittura su stoffa, costruiamo bambole e pupazzi. La maggioranza delle sartorie hanno sedi strutturate. Le volontarie programmano e organizzano il lavoro. C’è chi lavora in sede, in gruppo, e chi nel proprio domicilio. Gli utensili sono forniti in parte dall'Auser, altri donati da aziende e privati, altri ancora sono frutto del ricavato dei lavori prodotti dalle sartorie. Sempre più diffusi sono i progetti realizzati con le scuole, per far conoscere ai ragazzi gli antichi mestieri e creare integrazione fra generazioni. Infine, le volontarie riescono anche ad organizzare spettacoli teatrali e ad essere protagoniste.
Come è possibile partecipare e quali competenze occorrono?
Per partecipare al lavoro delle sartorie, non occorrono competenze particolari, tutti possono farne parte. Occorre soltanto avere la volontà di stare insieme, di condividere progetti solidali. Ci si può rivolgere direttamente alle sartorie o all’Auser, per dare aiuto e ricevere in cambio gioia e serenità.
Una delle prime collaborazioni che avete attivato è stata con Unicef per le cosiddette ‘Pigotte’ ma ad oggi sono numerosi i progetti che condividete con altre associazioni. Può farci qualche esempio?
Sono tantissimi i progetti in atto. Penso alle tante donazioni locali, alle collaborazioni con piccole parrocchie, missioni, con associazioni di medici che lavorano per il terzo mondo, come Intersos ed Emergency, alla ricerca, agli ospedali, ai bambini delle carcerate di Rebibbia.
Quali progetti o iniziative avete in programma o avete appena concluso?
Abbiamo appena concluso il progetto “Abc del cucito, impara l'arte e mettila da parte”, realizzato con una cooperativa alimentare, a cui hanno partecipato molte giovani. Per Natale, oltre alle Pigotte, alcune sartorie si dedicano ai pacchi dono per famiglie segnalate dalle assistenti sociali. Abbiamo anche preso contatti con Emergency per un progetto da realizzare nei primi mesi del nuovo anno.