A poco più di trent’anni nel 2007 è diventata vicepresidente nazionale di Acli. Un bel traguardo ma non così frequente nel mondo del terzo settore. Quale è stato il suo percorso?
Il mio è stato un semplice percorso di impegno volontario territoriale. Connotato e reso in varie fasi più arduo dall’essere donna… Sono stata prima responsabile organizzativa e poi presidente delle piccole, ma complesse e belle Acli valdostane. I dirigenti storici dell’associazione erano diffidenti nei miei confronti: giovane, donna, non animata prevalentemente da mire politiche, bensì da passione educativa e sociale… ero così diversa! Eppure ebbero il coraggio e forse la necessità di darmi fiducia: le Acli si stavano spegnendo, occorreva qualcuno che portasse un po’ di novità, persone giovani, progetti promettenti. Fare le Acli era il mio impegno sociale ed ecclesiale, che si univa in quegli anni intensi e appassionanti alla costruzione della famiglia, allo studio universitario e al lavoro nella cooperazione sociale insieme a mio marito… quanta fatica, ma che bello! Successivamente, avvantaggiata in quel caso dall’essere giovane e donna, sono stata eletta in Direzione nazionale e poi in Presidenza. E’ stato un percorso graduale, sostenuto da un crescente consenso maturato con tanto lavoro, svolto perlopiù nel territorio… Penso che generalmente le donne debbano lavorare almeno il doppio degli uomini ed essere decisamente più competenti ed autorevoli per avere analoghi riconoscimenti… Sono la terza donna ad assumere il ruolo di vicepresidente in quasi 70 anni di storia aclista… non saprei contare quanti siano stati invece i colleghi maschi ad avvicendarvisi!
Le Acli danno di sé un’immagine di associazione giovane e attenta alle donne. E’ davvero così?
Non è assolutamente così! L’età media dei nostri soci è molto alta, le classi di età più rappresentate sono quelle degli ultracinquantenni e sessantenni. Le donne tra i soci sono ormai vicine al 50%, soprattutto per il fatto che si associano anche molti fruitori dei nostri servizi e spesso sono le donne a fare la dichiarazione dei redditi per la famiglia o a preoccuparsi della pensione o dell’Isee… Ma tra i dirigenti le donne sono ancora poche. La carenza è impressionante soprattutto al sud. Proprio in queste settimane stiamo celebrando il XXIV Congresso Acli e vedremo se ci sarà qualche novità positiva… Fino ad ora, nonostante un sistema di “quote rosa” previste dal nostro Statuto a tutti i livelli, le presidenti provinciali e regionali si contano sulle dita… Un po’ meglio in Presidenza nazionale, dove siamo 4 su 12.
In generale il mondo del volontariato vede una sottorappresentazione delle donne soprattutto ai vertici, così come accade nel mondo del lavoro e delle istituzioni. Secondo lei perché?
L’approccio femminile alla responsabilità e all’autorità - generalmente connotato da una certa cura dei processi a medio-lungo termine, da un taglio spiccatamente operativo e da un maggiore senso della collegialità – non è ancora compreso in Italia, non è ancora considerato utile e strategico, in modo complementare con i tratti più maschili del potere e del governo. Forse non abbiamo ancora sufficienti buone esperienze su cui fare affidamento e forse anche noi donne non osiamo abbastanza nel proporre la nostra differenza e nel valorizzarla. Ma credo che le cose stiano cambiando. Un po’ a tutti i livelli vediamo buone testimonianze. Penso in particolare alle autorevoli donne ministro del Governo Monti, senza dimenticare la Cgil e Confindustria… e perché no, anche il Festival di Sanremo (in realtà non l’ho guardato ma so che hanno vinto tre donne!).
Le Acli, come altre grandi associazioni, hanno un “coordinamento donne”. Perché la presenza di questi coordinamenti? Sono davvero uno strumento utile per lo sviluppo della parità tra i generi o piuttosto non c’è il rischio che ‘confinino’ le donne in un preciso ambito?
Sono luoghi e strumenti un po’ ambivalenti, come bene evidenziate nella domanda. Il percorso associativo e politico che ho fatto personalmente non è passato sempre attraverso questi canali e ne sono contenta… Però a tratti è stato utile, per esempio, il sistema delle “quote rosa”, ed è anche vero che a volte si tratta dell’unico modo per far emergere e per coinvolgere qualche donna. Salvo poi avere bellissime sorprese! Penso ad un caso concreto di qualche settimana fa in una nostra provincia marchigiana: di 9 delegati al Congresso nazionale non se ne voleva nemmeno uno donna, con varie scuse… D’accordo con i presidenti regionale e provinciale abbiamo invocato la norma che lo imponeva e la necessità di costituire un coordinamento donne e… ce l’abbiamo fatta! La nostra validissima delegata eletta si chiama Maria Laura D’Amora. Ma la vicenda è stata la conferma di una cultura molto maschilista che ancora caratterizza i nostri mondi, soprattutto fra le persone di una certa età…
In che modo, secondo lei, è possibile favorire la parità di genere nell’associazionismo e in altri ambiti della società?
Quando le responsabilità femminili danno prova di sé spesso cambiano definitivamente la cultura dei contesti: si vincono diffidenze e pregiudizi, si valutano pregi e limiti in modo più sereno e oggettivo. E’ questione di tempo, poco ormai, a mio parere. Sarà un processo naturale, anche se in Italia e nei nostri mondi è stato molto più lungo e faticoso che altrove. Una validissima dirigente Acli, scomparsa molto recentemente, aveva detto in famiglia: “il mio sogno è di vedere una Presidente delle Acli donna. Ma non perché donna, bensì perché capace ed eletta democraticamente da tutti”. Vorrei ricordare così Cornelia Lanzani, già presidente provinciale, una donna in gamba, madre generosissima e intelligente di 4 splendidi figli, militante e volontaria instancabile: una cristiana aperta e lucida, una dirigente di cui essere fieri… Il suo auspicio è anche il nostro: donne competenti e scelte da tutti per le loro qualità, che costringano anche gli uomini ad essere migliori!
Acli è molto impegnata nella formazione e nella promozione del volontariato giovanile, settori di cui lei stessa si occupa in prima persona. E’ possibile migliorare le relazioni tra i generi anche attraverso queste attività?
A me sembra che in molte attività, particolarmente nel mondo del volontariato, gli sguardi molteplici, l’intreccio delle differenze, la specificità accolta e valorizzata, mai assolutizzata, siano le condizioni migliori per lavorare bene… Non mi è mai piaciuto lavorare solo con donne o solo con uomini! Tuttavia lo devo confessare e lo confesso volentieri: nelle Acli valdostane ormai si invocano le quote azzurre: siamo alla terza presidente donna dopo di me… una validissima cooperatrice sociale quarantenne, madre e volontaria da sempre in varie organizzazioni… Un’altra donna che vorrei nominare è Luisa Trione, in bocca al lupo per il nuovo mandato, così come a Rosaria, Erica, Flavia e poi vorrei ricordare la bravissima responsabile del Coordinamento donne delle Acli nazionali Agnese Ranghelli. Buon lavoro a tutte le donne delle Acli e delle organizzazioni di volontariato. Coraggio, non tiriamoci indietro! A tutte lancio un appello: ricordiamoci ciò che scriveva Virginia Wolf:
Vi ho già detto che Shakespeare aveva una sorella; ma non la dovete cercare nelle biografie del poeta. Ella morì giovane; ahimè non scrisse mai una parola. Giace seppellita là dove si trova oggi la fermata degli autobus, presso Elephant and Castle. Ora io credo che questa poetessa, che non scrisse mai una parola e venne sepolta presso un incrocio, viva ancora. Vive in voi e vive in me, e in molte altre donne che non si trovano qui questa sera, perchè stanno a casa a lavare i piatti e a far dormire i bambini. Tuttavia essa vive; perchè i grandi poeti non muoiono; sono presenze perenni; hanno bisogno soltanto di un'opportunità per tornare fra noi, in carne ed ossa. Ora questa opportunità, mi sembra, siete finalmente in grado di offrirgliela voi.
[Nella foto Agnese Moro con Paola Vacchina]