Sono 6.633 i Comuni italiani con zone ad alta criticità idrogeologica, l’82% presenta abitazioni in aree ad alto rischio. Dal 1900 ad oggi, a causa del dissesto idrogeologico, in Italia si contano 10mila vittime e 480 mila fenomeni franosi. Ogni anno vengono consumati oltre 500 km quadrati di territorio. Questi alcuni dati di Ecosistema Rischio 2010, lo studio realizzato dal Dipartimento della Protezione civile e da Legambiente.
I comuni toscani a rischio frane o alluvioni sono 280, ossia il 98% del totale. Firenze, Livorno, Lucca, Massa, Pisa, Prato e Pistoia, i capoluoghi più esposti . Oltre 680mila le persone in pericolo, il 18% della popolazione regionale. Solo il 58% dei Comuni presenta sistemi di monitoraggio per l’allerta tempestiva in caso di pericolo.
Almeno tre le priorità d’intervento: limitare l’urbanizzazione delle aree a rischio, intervenire con manutenzione e messa in sicurezza dei corsi d’acqua, consolidare i versanti franosi. Infine occorre più informazione e consapevolezza.
E molto fa e può fare il volontariato. In Lunigiana nei giorni dell’alluvione, solo dalla provincia di Massa Carrara sono intervenute 30 associazioni di volontariato di protezione civile, senza contare quelle arrivate da provincie e regioni vicine. Il volontariato può fare la differenza non soltanto a disastro già avvenuto ma anche monitorando il territorio, affiancando e sollecitando le istituzioni, formando i volontari, informando e sensibilizzando i cittadini.
In Italia le associazioni di protezione civile sono oltre 4mila e 800mila i volontari (dati Dipartimento nazionale protezione civile). E la Toscana è una delle regioni più organizzate sul fronte del volontariato di protezione civile. Nella nostra regione le associazioni di volontariato ambientale e di protezione civile sono circa 450, che complessivamente possono contare su 3mila volontari. Alle associazioni che fanno parte del sistema regionale di protezione civile si aggiungono altre 220 associazioni che, seppur come attività secondaria, si occupano di ambiente e tutela del territorio (dati Cesvot) svolgendo un'importante ruolo di informazione, sensibilizzazione e monitoraggio del territorio.
Tra queste l’associazione Ita-Nica di Livorno che ha realizzato, con il sostegno di Cesvot, il corso di formazione “L'ambiente è alterato... anche tu? Informati, attivati, informa” o l’Arci di Siena che a febbraio inaugura il corso “Dalla teoria alla buona pratica. Il volontariato per lo sviluppo sostenibile”. A Prato, invece, l’associazione Basilico inaugurerà a breve il percorso “Verso l'abitare ecologico e solidale”.
Grazie al bando Cesvot “Percorsi di Innovazione” la Misericordia di Poggibonsi ha realizzato il Progetto Riv per prevenire, prevedere e gestire nella Valdelsa fenomeni idrogeologici straordinari. Mentre Legambiente Pisa concluderà ad aprile “Città viva”, 10 seminari dedicati all’urbanistica partecipata. Sempre a Pisa la Provincia ha istituito le “ronde arginali”, gruppi di volontari che hanno il compito di intercettare i primi segnali di rottura degli argini del Serchio e dare in tempo l’allarme.
Accanto al volontariato organizzato, crescono anche la consapevolezza e l'impegno dei cittadini che sempre più si organizzano dal basso costituendo comitati e forum a difesa del territorio e dell'ambiente. Come il Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio e la Rete dei comitati per la difesa del suolo che raccolgono centinaia di comitati sparsi in tutta Italia o Stop al consumo di territorio, il manifesto che in sei ‘perché’ invita cittadini e istituzioni a risparmiare suolo. E poi la Società dei Territorialisti, fondata recentemente a Firenze da accademici e studiosi che sostengono il principio del territorio come bene comune.
Anche tra gli enti locali qualcosa si muove, come dimostra il Premio “Comuni a 5 Stelle” promosso ogni anno dall’associazione Comuni virtuosi. In questi giorni, inoltre, l’Anci ha lanciato una campagna di sensibilizzazione che invita tutti i Consigli comunali a dedicare una seduta ai rischi idrogeologici presenti in ciascuna comunità.
Ma molto si può fare anche sul fronte dell'informazione, come dimostra l’esperimento di giornalismo partecipativo (citizen journalism) e multimediale lanciato da Altreconomia e Fondazione <ahref. Una piattaforma web a disposizione dei cittadini che vogliano raccontare con interviste, documenti e foto le storie di amministratori locali che fermano il consumo di suolo: www.timu.it
I comuni toscani a rischio frane o alluvioni sono 280, ossia il 98% del totale. Firenze, Livorno, Lucca, Massa, Pisa, Prato e Pistoia, i capoluoghi più esposti . Oltre 680mila le persone in pericolo, il 18% della popolazione regionale. Solo il 58% dei Comuni presenta sistemi di monitoraggio per l’allerta tempestiva in caso di pericolo.
Almeno tre le priorità d’intervento: limitare l’urbanizzazione delle aree a rischio, intervenire con manutenzione e messa in sicurezza dei corsi d’acqua, consolidare i versanti franosi. Infine occorre più informazione e consapevolezza.
E molto fa e può fare il volontariato. In Lunigiana nei giorni dell’alluvione, solo dalla provincia di Massa Carrara sono intervenute 30 associazioni di volontariato di protezione civile, senza contare quelle arrivate da provincie e regioni vicine. Il volontariato può fare la differenza non soltanto a disastro già avvenuto ma anche monitorando il territorio, affiancando e sollecitando le istituzioni, formando i volontari, informando e sensibilizzando i cittadini.
In Italia le associazioni di protezione civile sono oltre 4mila e 800mila i volontari (dati Dipartimento nazionale protezione civile). E la Toscana è una delle regioni più organizzate sul fronte del volontariato di protezione civile. Nella nostra regione le associazioni di volontariato ambientale e di protezione civile sono circa 450, che complessivamente possono contare su 3mila volontari. Alle associazioni che fanno parte del sistema regionale di protezione civile si aggiungono altre 220 associazioni che, seppur come attività secondaria, si occupano di ambiente e tutela del territorio (dati Cesvot) svolgendo un'importante ruolo di informazione, sensibilizzazione e monitoraggio del territorio.
Tra queste l’associazione Ita-Nica di Livorno che ha realizzato, con il sostegno di Cesvot, il corso di formazione “L'ambiente è alterato... anche tu? Informati, attivati, informa” o l’Arci di Siena che a febbraio inaugura il corso “Dalla teoria alla buona pratica. Il volontariato per lo sviluppo sostenibile”. A Prato, invece, l’associazione Basilico inaugurerà a breve il percorso “Verso l'abitare ecologico e solidale”.
Grazie al bando Cesvot “Percorsi di Innovazione” la Misericordia di Poggibonsi ha realizzato il Progetto Riv per prevenire, prevedere e gestire nella Valdelsa fenomeni idrogeologici straordinari. Mentre Legambiente Pisa concluderà ad aprile “Città viva”, 10 seminari dedicati all’urbanistica partecipata. Sempre a Pisa la Provincia ha istituito le “ronde arginali”, gruppi di volontari che hanno il compito di intercettare i primi segnali di rottura degli argini del Serchio e dare in tempo l’allarme.
Accanto al volontariato organizzato, crescono anche la consapevolezza e l'impegno dei cittadini che sempre più si organizzano dal basso costituendo comitati e forum a difesa del territorio e dell'ambiente. Come il Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio e la Rete dei comitati per la difesa del suolo che raccolgono centinaia di comitati sparsi in tutta Italia o Stop al consumo di territorio, il manifesto che in sei ‘perché’ invita cittadini e istituzioni a risparmiare suolo. E poi la Società dei Territorialisti, fondata recentemente a Firenze da accademici e studiosi che sostengono il principio del territorio come bene comune.
Anche tra gli enti locali qualcosa si muove, come dimostra il Premio “Comuni a 5 Stelle” promosso ogni anno dall’associazione Comuni virtuosi. In questi giorni, inoltre, l’Anci ha lanciato una campagna di sensibilizzazione che invita tutti i Consigli comunali a dedicare una seduta ai rischi idrogeologici presenti in ciascuna comunità.
Ma molto si può fare anche sul fronte dell'informazione, come dimostra l’esperimento di giornalismo partecipativo (citizen journalism) e multimediale lanciato da Altreconomia e Fondazione <ahref. Una piattaforma web a disposizione dei cittadini che vogliano raccontare con interviste, documenti e foto le storie di amministratori locali che fermano il consumo di suolo: www.timu.it