La nostra è una associazione che opera per la difesa dei diritti, per consolidare il senso civico, il senso di appartenenza alla comunità locale. Abbiamo iniziato nel 1978 con il nome di Movimento Federativo Democratico e nel 2000 lo abbiamo cambiato in Cittadinanzattiva.
Molti ci conoscono come Tribunale per i diritti del malato, perche è il nostro settore storico di intervento, quello dove siamo più presenti, con la tutela dei cittadini ospedalizzati ma soprattutto con una azione di lobbyverso particolari bisogni – come ad es. per i malati cronici - e anche una azione ‘politica’ che in alcuni casi, come per la legge sul dolore inutile, è sfociata in atti legislativi o amministrativi
Questa metodologia di lavoro, fatta di studio e approfondimenti, ma anche di dialoghi e conflitti, è stata trasferita in altri ambiti della quotidianità e tra questi quello dei beni comuni e dei servizi pubblici locali. Parliamo di servizi destinati al soddisfacimento di bisogni primari diffusi, con un occhio attento alle generazioni future.
Oggi la crisi si sta ripercuotendo in modo molto duro sulla riduzione dello stato sociale e sui servizi pubblici che subiscono forti tensioni verso la privatizzazione e la sottomissione alle regole di mercato. Allo stesso tempo gli enti locali hanno meno risorse e pensano di cedere i servizi, così andiamo nella direzione di una “mercificazione dei diritti” che, a sua volta, provoca un indebolimento della coesione sociale.
La crisi presenta però anche delle opportunità. Anzitutto apre spazi all’impegno civico e al senso di appartenenza dei cittadini, portandoli ad occuparsi direttamente, in prima persona, della difesa del bene comune.
In secondo luogo spinge verso una nuova alleanza tra cittadino e istituzioni locali, ambedue stretti nella morsa creata dall'aumento dei bisogni e dalla contemporanea riduzione delle risorse. Qui gli amministratori locali devono scegliere se i loro interlocutori sono i cittadini che li hanno eletti o le forze politiche da cui provengono. Tuttavia la loro scelta è una responsabilità anche nostra.
Come Cittadinanzattiva pensiamo ad una comunità che si organizza per fornire idee e conoscenze ma anche tempo, mezzi e relazioni sociali utili all'esercizio dei servizi. Così si sviluppa il senso civico, che è come uno “stock di capitale sociale” che si traduce poi in un miglioramento nel funzionamento dell’amministrazione pubblica, nell'uso dei beni collettivi, nell'ordine pubblico, ecc.
I cittadini attivi non sono chiamati a rimediare alle carenze degli enti ma a contribuire al disegno di un modo di amministrare più partecipativo, che non diminuisce in alcun modo il dovere dei soggetti pubblici rispetto all'adempimento dei propri compiti istituzionali.
Faccio un esempio: in una comunità decentrata vivono quattro o cinque cittadini che hanno bisogno di spostarsi tre volte alla settimana per andare a fare le terapie. Perchè muovere un autobus che fa delle corse quasi vuote? Meglio se gli stessi cittadini si organizzano con un servizio di car poolingche, con il concorso dell'ente locale e dell'azienda di trasporto, permette degli spostamenti mirati! Così abbiamo il servizio solo quando ci serve, con un costo ragionevole e soprattutto coinvolgendo la comunità nell'organizzazione e gestione del servizio. Quel servizio copre solo i reali bisogni e, magari, crea anche un'opportunità di lavoro.
Tutto questo deve stare dentro un percorso permanente di dialogo e ascolto tra cittadini e tra cittadini, associazioni e istituzioni. Questo però significa che le associazioni devono saper portare un proprio contributo valoriale, non tecnico, definendo i principi, prima che gli strumenti, per la gestione dei servizi pubblici locali.
Molti ci conoscono come Tribunale per i diritti del malato, perche è il nostro settore storico di intervento, quello dove siamo più presenti, con la tutela dei cittadini ospedalizzati ma soprattutto con una azione di lobbyverso particolari bisogni – come ad es. per i malati cronici - e anche una azione ‘politica’ che in alcuni casi, come per la legge sul dolore inutile, è sfociata in atti legislativi o amministrativi
Questa metodologia di lavoro, fatta di studio e approfondimenti, ma anche di dialoghi e conflitti, è stata trasferita in altri ambiti della quotidianità e tra questi quello dei beni comuni e dei servizi pubblici locali. Parliamo di servizi destinati al soddisfacimento di bisogni primari diffusi, con un occhio attento alle generazioni future.
Oggi la crisi si sta ripercuotendo in modo molto duro sulla riduzione dello stato sociale e sui servizi pubblici che subiscono forti tensioni verso la privatizzazione e la sottomissione alle regole di mercato. Allo stesso tempo gli enti locali hanno meno risorse e pensano di cedere i servizi, così andiamo nella direzione di una “mercificazione dei diritti” che, a sua volta, provoca un indebolimento della coesione sociale.
La crisi presenta però anche delle opportunità. Anzitutto apre spazi all’impegno civico e al senso di appartenenza dei cittadini, portandoli ad occuparsi direttamente, in prima persona, della difesa del bene comune.
In secondo luogo spinge verso una nuova alleanza tra cittadino e istituzioni locali, ambedue stretti nella morsa creata dall'aumento dei bisogni e dalla contemporanea riduzione delle risorse. Qui gli amministratori locali devono scegliere se i loro interlocutori sono i cittadini che li hanno eletti o le forze politiche da cui provengono. Tuttavia la loro scelta è una responsabilità anche nostra.
Come Cittadinanzattiva pensiamo ad una comunità che si organizza per fornire idee e conoscenze ma anche tempo, mezzi e relazioni sociali utili all'esercizio dei servizi. Così si sviluppa il senso civico, che è come uno “stock di capitale sociale” che si traduce poi in un miglioramento nel funzionamento dell’amministrazione pubblica, nell'uso dei beni collettivi, nell'ordine pubblico, ecc.
I cittadini attivi non sono chiamati a rimediare alle carenze degli enti ma a contribuire al disegno di un modo di amministrare più partecipativo, che non diminuisce in alcun modo il dovere dei soggetti pubblici rispetto all'adempimento dei propri compiti istituzionali.
Faccio un esempio: in una comunità decentrata vivono quattro o cinque cittadini che hanno bisogno di spostarsi tre volte alla settimana per andare a fare le terapie. Perchè muovere un autobus che fa delle corse quasi vuote? Meglio se gli stessi cittadini si organizzano con un servizio di car poolingche, con il concorso dell'ente locale e dell'azienda di trasporto, permette degli spostamenti mirati! Così abbiamo il servizio solo quando ci serve, con un costo ragionevole e soprattutto coinvolgendo la comunità nell'organizzazione e gestione del servizio. Quel servizio copre solo i reali bisogni e, magari, crea anche un'opportunità di lavoro.
Tutto questo deve stare dentro un percorso permanente di dialogo e ascolto tra cittadini e tra cittadini, associazioni e istituzioni. Questo però significa che le associazioni devono saper portare un proprio contributo valoriale, non tecnico, definendo i principi, prima che gli strumenti, per la gestione dei servizi pubblici locali.