Fare un bilancio sulle organizzazioni toscane di volontariato che operano nel settore della solidarietà internazionale e della cooperazione allo sviluppo significa districarsi all’interno di un universo variegato caratterizzato da una forte frammentarietà, sia per quanto riguarda i soggetti, sia in relazione alle modalità di intervento, ai paesi destinatari delle azioni e ai settori.
Grazie alla ricerca “Volontariato senza frontiere. Solidarietà internazionale e cooperazione allo sviluppo in Toscana”, promossa da Cesvot e realizzata dal Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive (Dispoc) dell’Università degli studi di Siena, in collaborazione con il Centro di ricerche etnoantropologiche di Siena (Crea), è stato possibile riscontrare una situazione all’interno della quale le realtà incontrate si muovono a velocità differenti.
Da un lato, l’esistenza di molti piccoli e a volte piccolissimi gruppi isolati, scollegati da sistemi di riferimento più generali, secondo quella logica del doppio binario “qui e là”. Dall’altro, un insieme di soggetti che agiscono in rete con realtà analoghe, impostando la propria operatività sul territorio su una dimensione che cerca di tenere insieme tutti quegli elementi peculiari di un approccio strategico orientato all’efficacia, all’efficienza e alla sostenibilità.
Tra questi due gruppi, così ben polarizzati, se ne colloca un terzo (sicuramente quello più numeroso) che oscilla tra tentativi di potenziamento della propria azione ‘cooperativa’ e resistenze di tipo identitario. Ciò che emerge dall’analisi dei dati è quindi un volontariato molto fluido, un settore differenziato nelle origini, nelle modalità, nella visione della propria mission nel quale non sembra esserci un modus operandi fisso. Tutto è molto variabile, mutevole a seconda delle circostanze. Non sembra esistere un agire paradigmatico ben delineato, bensì un approccio dettato più dalla ‘convenienza’ che dalla ricerca di quel valore aggiunto della partecipazione e della condivisione.
Un panorama di non facile lettura e dalle mille sfaccettature che ci restituisce un mondo all’interno del quale tendenzialmente si preferisce viaggiare da soli o in pochi, con i propri limiti, ma cercando di preservare e ‘difendere’ i propri ‘territori’ e le proprie peculiarità. È poi sicuramente un ambito giovane (in termini di nascita delle associazioni) e che, in molti casi, non riesce a “diventare grande”; dove la prospettiva di una crescita organizzativa è ancora una dimensione sconosciuta e spesso poco auspicata. La dimensione volontaristica (con tutti i suoi pregi ma anche i suoi limiti) e il carattere della gratuità dell’opera prestata sono fondamentali e rappresentano l’ingrediente principale con il quale affrontare le sfide della solidarietà.
Organizzazioni di volontariato (Odv) che ‘nascono’, ‘vivono’ e molto spesso ‘muoiono’ sotto l’impulso di persone da un forte carisma che catalizza e canalizza i valori, le idee, la vision e la mission. L’elevata frammentazione costituisce l’altro grande elemento peculiare: molte Odv dalle piccole dimensione che agiscono all’interno di un territorio con il quale ci si relaziona poco e in modo non sempre costruttivo, soprattutto nei confronti di Odv dello stesso ambito. Come l’Universo, che è costellato di tante piccole stelle che formano diverse galassie, anche questo ‘universo’ è formato da tante micro stelle che si aggregano in galassie separate.
Questa atomizzazione si riflette anche nella dispersione e nella frantumazione degli interventi all’interno dei paesi in via di sviluppo, dando vita ad un vero e proprio ‘esercito’ senza comandante. Ciò che sarebbe opportuno consolidare (e creare là dove non c’è) è un maggiore coordinamento affinché le scelte (di settore, territoriali, progettuali, ecc.), pur nella piena autonomia e indipendenza, possano essere il frutto di una politica condivisa e di una strategia razionale che conduca ad un rafforzamento di tutto l’ambito e non ad una mera “concorrenza autoreferenziale”.
Dalla ricerca emerge altresì che quel “modello integrato” di cooperazione decentrata disegnato e auspicato dalla Regione Toscana, stenta a decollare. Molti dei soggetti che teoricamente dovrebbero farne parte, per condizioni, caratteristiche o per scelta, rimangono esclusi. Così la maggioranza delle Odv vive il proprio territorio, le proprie esperienze, i propri progetti, la propria presenza all’interno di un virtuale sistema in maniera avulsa e incondizionata.
Ciò che sembra mancare alle nostre Odv è la consapevolezza di far parte di un sistema, considerato più come una zona di ‘riserva’ per le grandi Odv che come un’opportunità per tutto il territorio. La conseguenza è che si tende a percepire l’ente regionale come una qualsiasi fonte di finanziamento e non come un soggetto che può rappresentare il valore aggiunto per sviluppare ambiti, condividere informazioni e promuovere una crescita omogenea e armonizzata.
Questa tendenza produce un fossato politico, valoriale e anche nei comportamenti, sia tra le Odv che tra le stesse e il sistema della cooperazione decentrata regionale, superabile solo attraverso il dialogo e relazioni basate su elementi concreti, su risposte precise a determinate e altrettanto precise richieste di cambiamento.
Foto di Paolo Patruno.
Grazie alla ricerca “Volontariato senza frontiere. Solidarietà internazionale e cooperazione allo sviluppo in Toscana”, promossa da Cesvot e realizzata dal Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive (Dispoc) dell’Università degli studi di Siena, in collaborazione con il Centro di ricerche etnoantropologiche di Siena (Crea), è stato possibile riscontrare una situazione all’interno della quale le realtà incontrate si muovono a velocità differenti.
Da un lato, l’esistenza di molti piccoli e a volte piccolissimi gruppi isolati, scollegati da sistemi di riferimento più generali, secondo quella logica del doppio binario “qui e là”. Dall’altro, un insieme di soggetti che agiscono in rete con realtà analoghe, impostando la propria operatività sul territorio su una dimensione che cerca di tenere insieme tutti quegli elementi peculiari di un approccio strategico orientato all’efficacia, all’efficienza e alla sostenibilità.
Tra questi due gruppi, così ben polarizzati, se ne colloca un terzo (sicuramente quello più numeroso) che oscilla tra tentativi di potenziamento della propria azione ‘cooperativa’ e resistenze di tipo identitario. Ciò che emerge dall’analisi dei dati è quindi un volontariato molto fluido, un settore differenziato nelle origini, nelle modalità, nella visione della propria mission nel quale non sembra esserci un modus operandi fisso. Tutto è molto variabile, mutevole a seconda delle circostanze. Non sembra esistere un agire paradigmatico ben delineato, bensì un approccio dettato più dalla ‘convenienza’ che dalla ricerca di quel valore aggiunto della partecipazione e della condivisione.
Un panorama di non facile lettura e dalle mille sfaccettature che ci restituisce un mondo all’interno del quale tendenzialmente si preferisce viaggiare da soli o in pochi, con i propri limiti, ma cercando di preservare e ‘difendere’ i propri ‘territori’ e le proprie peculiarità. È poi sicuramente un ambito giovane (in termini di nascita delle associazioni) e che, in molti casi, non riesce a “diventare grande”; dove la prospettiva di una crescita organizzativa è ancora una dimensione sconosciuta e spesso poco auspicata. La dimensione volontaristica (con tutti i suoi pregi ma anche i suoi limiti) e il carattere della gratuità dell’opera prestata sono fondamentali e rappresentano l’ingrediente principale con il quale affrontare le sfide della solidarietà.
Organizzazioni di volontariato (Odv) che ‘nascono’, ‘vivono’ e molto spesso ‘muoiono’ sotto l’impulso di persone da un forte carisma che catalizza e canalizza i valori, le idee, la vision e la mission. L’elevata frammentazione costituisce l’altro grande elemento peculiare: molte Odv dalle piccole dimensione che agiscono all’interno di un territorio con il quale ci si relaziona poco e in modo non sempre costruttivo, soprattutto nei confronti di Odv dello stesso ambito. Come l’Universo, che è costellato di tante piccole stelle che formano diverse galassie, anche questo ‘universo’ è formato da tante micro stelle che si aggregano in galassie separate.
Questa atomizzazione si riflette anche nella dispersione e nella frantumazione degli interventi all’interno dei paesi in via di sviluppo, dando vita ad un vero e proprio ‘esercito’ senza comandante. Ciò che sarebbe opportuno consolidare (e creare là dove non c’è) è un maggiore coordinamento affinché le scelte (di settore, territoriali, progettuali, ecc.), pur nella piena autonomia e indipendenza, possano essere il frutto di una politica condivisa e di una strategia razionale che conduca ad un rafforzamento di tutto l’ambito e non ad una mera “concorrenza autoreferenziale”.
Dalla ricerca emerge altresì che quel “modello integrato” di cooperazione decentrata disegnato e auspicato dalla Regione Toscana, stenta a decollare. Molti dei soggetti che teoricamente dovrebbero farne parte, per condizioni, caratteristiche o per scelta, rimangono esclusi. Così la maggioranza delle Odv vive il proprio territorio, le proprie esperienze, i propri progetti, la propria presenza all’interno di un virtuale sistema in maniera avulsa e incondizionata.
Ciò che sembra mancare alle nostre Odv è la consapevolezza di far parte di un sistema, considerato più come una zona di ‘riserva’ per le grandi Odv che come un’opportunità per tutto il territorio. La conseguenza è che si tende a percepire l’ente regionale come una qualsiasi fonte di finanziamento e non come un soggetto che può rappresentare il valore aggiunto per sviluppare ambiti, condividere informazioni e promuovere una crescita omogenea e armonizzata.
Questa tendenza produce un fossato politico, valoriale e anche nei comportamenti, sia tra le Odv che tra le stesse e il sistema della cooperazione decentrata regionale, superabile solo attraverso il dialogo e relazioni basate su elementi concreti, su risposte precise a determinate e altrettanto precise richieste di cambiamento.
Foto di Paolo Patruno.