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Gli approfondimenti di Cesvot

Basta rosa, meglio una spallina che non c'è

Quando commentai le campagne per la Festa della Donna lamentavo un eccessivo uso del giallo, che in fondo stava perdendo il suo effetto segnaletico originario. Parallelamente, per le campagne di ottobre sulla prevenzione dei tumori al seno si fa un grande uso del colore rosa. Troveremo quindi in questo periodo tantissime campagne, approfondimenti, azioni di viral marketing che usano l’icona del nastro rosa.

Tra le tante è da segnalare quella di AlFemminile.com, che ha un claim assolutamente fantastico “Il futuro ha bisogno di tempo” (ma questo sarà tema per un altro articolo…).

E’ altissimo il bisogno di campagne pubblicitarie per questo tipo di “promozione”, ma è altrettanto altissimo il rischio di cadere nell’anonimato grazie o, per meglio dire, a causa dell’uso eccessivo di un colore iconico ed abusato come il rosa.

Per trovare campagne che escano nettamente dalla pinky jamming (una marmellata di rosa) si potrebbe come al solito cercare all’estero, e troveremmo qualche linguaggio più coraggioso, ironia ed anche un sottile taglio tendente al panic attack.

Io però sono sempre incuriosito ed affascinato dalle campagne sobrie, che non arrivano subito al punto, che non giocano sull’impatto immediato ma su una lenta digestione del messaggio, digestione (e decodifica) che può garantire una maggiore e più duratura memorizzazione.

prevenzione_komen_italiaE’ il caso della campagna di Komen Italia che, ad uno sguardo distratto, potrebbe sembrare una semplice e bella immagine di una ragazza di spalle; invece è proprio l’assenza del segno dell’abbronzatura lasciato dalla spallina del costume (un segno che le donne tendono di solito ad eliminare) a segnalarci la vera mancanza, a farci percepire quello che davvero non c’è.
E’ una campagna che ci riporta al tema della prevenzione ma senza panico, senza immagini brutali, senza ironia e con un giusto tocco di rosa; una campagna semplice e pulita, di grande efficacia e femminilità (non ostentata ma reale).
A volte i comunicatori rischiano di “comunicare il sociale” con toni non adeguati, cadendo in qualche modo sopra le righe, alla ricerca di un impatto sicuro (e spesso forzato) che mira a farsi ricordare per il suo coraggio.

Questa volta mi complimento con i colleghi (non lo faccio mai, almeno non così direttamente…) per la sensibilità, l’attenzione e la delicatezza che hanno saggiamente utilizzato, per un’idea semplicissima come una spallina che non si nota (ma stavolta, perché non c’è…).

Alla prossima, e fate pubblicità!

Ps. Se volete vedere altre belle campagne su questo tema guardate nel nostro Archivio di comunicazione sociale (tag 'cancro al seno').

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