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Storie

Atracto: al servizio delle famiglie

Parla Ivana Cannoni, fondatrice dell'associazione Atracto

 

Ogni anno in Toscana si verificano dai 450 ai 700 nuovi casi di gravi cerebrolesioni acquisite. Molti sono giovani che, a causa di incidenti stradali, sono vittime di gravi traumi cranici che spesso comportano lunghi percorsi di cura e disabilità permanenti. Quali difficoltà vivono questi giovani e le loro famiglie?Trovarsi in una rianimazione è un momento drammatico che ti spezza la vita. È il primo impatto che la famiglia affronta, poi inizia il lungo percorso riabilitativo. La perdita temporanea o permanente di un membro del “sistema famiglia” disorganizza  e destabilizza l’intero nucleo. La famiglia ha così la necessità di divenire “competente”, deve essere educata ed informata nel modo più appropriato dai sanitari. Tra le conseguenze del coma c’è l’isolamento sociale di tutto il nucleo familiare; un’altra difficoltà consiste nell’accettare di avere accanto una persona diversa. Ma dobbiamo pensare anche a chi non si risveglia più e rimane in stato vegetativo: in questo caso il solo punto di riferimento è la famiglia. È quindi fondamentale prevedere delle strutture specifiche o percorsi di aiuto a domicilio.

Lei è una delle fondatrici dell’associazione Atracto che nasce nel 1997 ed oggi conta circa 450 soci. Può raccontarci la sua storia e il perché di questo impegno?
Il 20 ottobre 1986 una telefonata cambia la nostra vita e soprattutto quella di mia figlia Alessia. Aveva 9 anni e durante uno dei suoi allenamenti alle parallele asimmetriche cade. Prima il coma profondo, poi il coma vigile e alla fine la dimissione dall’ospedale con la diagnosi di recupero irreversibile. Alessia ha seguito una lunga riabilitazione in varie strutture. È seguito un lento ma progressivo recupero di alcune funzioni che a distanza di anni ha significato un importante ritorno alla normalità.
Quando nel 1997, entrando in contatto con altri genitori, ci siamo accorti che tutti avevamo le stesse necessità – capire a chi rivolgersi per informarci sul percorso da affrontare, sapere quali sono le pratiche burocratiche da fare e come muoverci nel mondo sanitario, ma soprattutto avere un punto di riferimento, per noi e per i nostri cari - ha fatto sì che nascesse l’Associazione Atracto.
Da allora mi sono resa disponibile ad aiutare le famiglie avviando dei percorsi paralleli: sportello d’accoglienza, consulenze gratuite, progetti di prevenzione ed educazione nelle scuole, corsi di formazione per familiari e volontari, progetti di ricerca, progetti di inserimento al lavoro. Partecipo anche ai vari gruppi di studio sui percorsi delle gravi cerebrolesioni acquisite come portavoce dei bisogni delle famiglie.

AlessiaNel 1998 nel Piano sanitario regionale si parla per la prima volta di riabilitazione per le cerebrolesioni gravi e nel 2004 vengono creati 45 posti letto dedicati. Un percorso di confronto con le istituzioni che ha dato importanti risultati, ma cosa manca ancora?
Nel 1998 abbiamo lottato per avere in Toscana dei reparti specializzati, per permettere alle famiglie di rimanere nella propria regione. Oggi dobbiamo dare la continuità di cure una volta fuori dall’ospedale. A livello nazionale stiamo lottando perché nascano strutture specializzate anche in quelle regioni dove non sono presenti e stiamo lavorando con le Regioni su programmi ministeriali per avere dati epidemiologici ed uniformare i percorsi, promuovere la formazione e la multidisciplinarità.

Chi è colpito da una grave cerebrolesione deve affrontare un lungo percorso non solo di cura e riabilitazione ma anche di integrazione sociale. Quali le problematiche più importanti da questo punto di vista? Quali servizi offre in questo ambito l’Atracto?
A seconda dell’entità della lesione cerebrale, l’integrazione sociale può essere più o meno facilitata. Ad esempio, per un ragazzo con grossi problemi di memoria o che non è capace di prendere iniziative, reinserirsi nella società diventa veramente difficile, così come stare insieme agli amici e comunicare con loro. L’associazione cerca di favorire il reinserimento sociale delle persone colpite da gravi cerebrolesioni attraverso un lavoro strutturato. Grazie all’impegno di operatori qualificati ha attivato “Un Laboratorio per l’autonomia” per renderle il più possibile autonome dalla famiglia.
Tre sono gli obiettivi fondamentali di Atracto: affiancare la riabilitazione per favorire il mantenimento delle competenze raggiunte e lo sviluppo delle potenzialità residue delle persone; offrire uno spazio di incontro e socializzazione al fine di potenziare le abilità sociali; mantenere e migliorare la qualità della vita. L’associazione ha promosso anche l’inserimento al lavoro tramite l’attivazione di tirocini formativi. Promuove inoltre le “Feste insieme…”, iniziative di socializzazione che sono anche momenti di ritrovo su scopi comuni.

Una delle attività dell’Atracto è la prevenzione e la sensibilizzazione alla sicurezza stradale. Che tipo di interventi portate avanti sul territorio?
La scuola diviene un luogo fondamentale dove poter intervenire e investire con progetti mirati allo scopo di far acquisire consapevolezze utili alla modifica di comportamenti rischiosi. I progetti “Accidenti agli Incidenti” e “Strada Facendo...” vogliono promuovere nei giovani la cultura della sicurezza stradale, informandoli e coinvolgendoli operativamente in attività di studio e ricerca nella speranza di favorire un processo di crescita che possa prevenire i comportamenti a rischio. Dal 2011 abbiamo attivato un progetto di studio/ricerca sui comportamenti a rischio e sugli stili di vita dei giovani attraverso la Peer Education, un percorso tra 'pari' che consente ai ragazzi di diventare protagonisti del processo educativo.

Atracto - Associazione Traumi Cranici Toscani
c/o Ospedale S. Maria alla Gruccia - Piazza del volontariato, 2 - Montevarchi (Ar)
tel. 055 9106378  - presidente@atracto.it
www.atracto.it

 

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