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Caregiver familiari: chi sono e chi li aiuta?

Proprio in questi giorni è stata approvata alla Camera la prima legge sul “dopo di noi”. Una legge importante che le persone con disabilità e le loro famiglie aspettavano da anni e che presto dovrebbe arrivare in porto con i finanziamenti necessari a renderla operativa. Tuttavia, secondo le associazioni, quella legge non basta perchè in Italia manca ancora una politica sul "durante noi" che sostenga i familiari di persone con gravi disabilità o non autosufficienti.

"Parlare di un 'dopo di noi' - ha dichiarato Maria Simona Bellini del Coordinamento nazionale famiglie di disabili gravi e gravissimi - significa ammettere che finché i genitori sono in vita, il disabile è un problema loro, degli ignorati caregiver familiari; solo 'dopo' diventa un problema dello Stato (...). I caregiver familiari non godono di alcuna tutela per se stessi, nemmeno nel diritto alla salute o al riposo, sono impegnati nel lavoro di cura senza soluzione di continuità" (leggi l'intervista su Vita).

La legge sul “dopo di noi” si occupa, infatti, delle persone con disabilità che rimangono senza familiari ma quando il familiare c’è e vive con la persona disabile, chi si occupa di rendere il suo impegno meno gravoso? Ecco che da tempo le associazioni chiedono una legge che riconosca e sostenga i cosiddetti caregiver familiari, ovvero coloro che si prendono cura di un familiare gravemente malato o non autosufficiente. L’Italia è, infatti, uno dei pochi paesi europei a non averla e il Coordinamento famiglie disabili gravi e gravissimi ha lanciato la campagna #MaipiùSoli (guarda lo spot) e presentato al Parlamento Europeo una petizione, che ha raccolto oltre 30mila firme, per chiedere che anche l’Italia legiferi su questo tema.

L’assistenza di persone disabili o non autosufficienti è nel nostro Paese una questione sempre più grave e urgente. Secondo l’indagine Istat La conciliazione tra lavoro e famiglia (2011) si stima che siano 3.330.000 le persone tra i 15 e i 64 anni che si prendono cura di un adulto non autosufficienti, oltre il 60% sono donne. Due terzi nella fascia d’età 45-46 anni. L’8,6% della popolazione italiana adulta è dunque impegnata in attività assistenziali gratuite, con percentuali che arrivano al 10% nel centro Italia. Il 61% sono persone che non lavorano: pensionati (34%), casalinghe (21%), disoccupati, in aspettativa e studenti (6%).

I dati Istat sembrano però sottostimare il fenomeno. L’indagine, infatti, non ha preso in considerazione gli over 65 che, secondo una ricerca condotta dalla Federazione Cure Palliative, sono la maggioranza dei caregiver italiani.

Il familiare che si prende cura di un proprio caro gravemente malato o in condizioni di disabilità, rappresenta un soggetto fondamentale nel nostro sistema di welfare ma, come denunciano le associazioni e studi scientifici, paga un prezzo molto alto. Si stima che più del 50% dei caregiver primari sia a rischio di depressione. Presentano ansia, insonnia, difficoltà a concentrarsi sul lavoro. I caregiver di pazienti con demenza sono ad un più alto rischio di ospedalizzazione. I caregiver usano il 70% in più di farmaci prescritti rispetto ai controlli ed usano una maggior quota di psicofarmaci rispetto alla popolazione generale.

Come scrive Elena Poli nel volume pubblicato da Cesvot Auto aiuto in formazione, i caregiver sono soprattutto donne “multiruolo” over 65, ossia donne che svolgono più ruoli familiari e che spesso si trovano a vivere situazioni di grande stress. Innanzitutto l’isolamento sociale, che non di rado le costringe ad occuparsi in solitudine del familiare non autosufficiente e a gestire in prima persona i tanti impegni burocratici (visite mediche, richieste di invalidità, ricerca di un’assistente familiare ecc..). Ciò significa che il o la caregiver ha pochissimo tempo per sé: completamente assorbita dal suo ruolo non riesce a trovare momenti per ricaricarsi dal punto di vista fisico ed emotivo.

Per chi si occupa di un genitore si crea, inoltre, una situazione di “accudimento invertito” che può causare un forte stress emotivo e psicologico. Infine, i caregiver sono continuamente esposti al rischio della sindrome da burn out che può causare un disagio psicologico tale da rendere necessario l’avvalersi di cure psicologiche o psichiatriche specifiche.

Ad oggi sono soprattutto le associazioni ad offrire servizi di supporto ai caregiver familiari: dai corsi di formazione per migliorarne la preparazione socio-sanitaria, come quelli che organizzano periodicamente associazioni come Aisla – Associazione italiana sclerosi amiotrofica, ai servizi di ‘sollievo’ per familiari che, grazie all’impegno di volontari, offrono un aiuto per piccole commissioni come la consegna dei farmaci a domicilio. Oppure i servizi di sostegno psicologico per familiari di pazienti con grave demenza organizzati dall’Aima – Associazione Italiana Malati di Alzheimer o, ancora, i gruppi di auto aiuto, come quello fiorentino “Frammenti di Memoria”, dove i caregiver possono parlare e trovare conforto condividendo le proprie ansie e paure.

 


Foto di Luca Rossato

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